Attualità

Eccezionali ritrovamenti sull’Ortles. Cent'anni dopo, la guerra scongela i suoi reperti

Diego Andreatta domenica 2 settembre 2018

Il recupero dei materiali bellici sull’Ortles. Le immagini sono state scattate dai tecnici del competente Ufficio della Provincia di Bolzano

Arrivano dal gelo profondo della storia le ultime testimonianze della Grande Guerra, in questi mesi conclusivi del centenario. A svelare nuovi documenti della tragedia bellica sono i ghiacciai alpini, che il cambiamento climatico fa arretrare in modo inesorabile: due metri ogni anno. In Alto Adige, sulle creste di confine dell’Ortles a quota tremila e oltre, sono tornate alla luce quest’estate altre baracche dell’esercito con materiali finora ben custoditi dal rigore invernale.

Sono 'capsule del tempo' – come dicono gli archeologi – in cui la vita dei soldati al fronte, la loro cucina e perfino qualche scritto appaiono fissati dal freezer di un inverno che è stato perenne per decenni, ma ora non più. Ne hanno dato la notizia qualche giorno fa – solo dopo aver provveduto al recupero dei materiali per garantirne l’integrità – le autorità bolzanine, sottolineando l’importanza di questi pezzi di postazioni sulle creste di confine, da confrontare con quelle ritrovate nel 2009 sul versante trentino di Punta Linke, vicino al Vioz, oppure in Marmolada o sulle venete Tofane.

E a confermare il valore del ritrovamento c’è la responsabile dell’Ufficio provinciale Beni architettonici e artistici, Waltraud Kofler Engl, che ha coordinato gli archeologi e i tecnici nelle delicate operazioni di documentazione in sicurezza (la stabilità delle costruzioni, in parte semidi-strutte, è infatti compromessa e si ricorre anche all’elicottero in una corsa contro il tempo per anticipare eventuali crolli): «Nel caso di una di queste baracche – spiega Kofler Engl – possiamo dire che sembra appesa al ghiaccio come un ciuffo d’erba: basterà poco e poi cadrà, in tempi brevi».

In altri casi, come una campagna di scavo già avviata in una grande costruzione militare sotto il Gran Zebrù, il bottino è costituito da materiale di utilizzo quotidiano: «Abbiamo trovato coperte, alimentari, riso, perfino bucce di limone, barattoli di conserve». In qualche caso la medesima baracca risulta essere stata abitata da eserciti differenti: prima era austriaca, è stata abbandonata per motivi strategici ed allora è stata utilizzata dagli italiani tanto che vi si trovano indumenti e vettovaglie degli alpini. L’accurato lavoro di scavo e di studio punta anche a evitare l’interessamento di chi vorrebbe sfruttare per il commercio questi cimeli.

Non è il caso dei volontari dell’Ortler Sammlervereins Ester Weltkrieg, associazione di alpinisti e appassionati di storia locale che collaborano con la Provincia per rinvenire e tutelare queste tracce di vita quotidiana del conflitto mondiale. «Dovete tener conto che in questa zona sull’Ortles fino a dieci anni fa tutto era coperto dal ghiaccio, nessuno poteva immaginare cosa avremmo trovato – spiega con la pazienza del divulgatore Gerald Holzer, vicepresidente dell’associazione –, mentre in altre località i crepacci hanno lasciato intravvedere delle postazioni». Le foto di documentazione mostrano pendenze tuttora molto pericolose, eppure cent’anni fa gli eserciti contrapposti vi avevano fatto portare dai muli e poi da artigianali teleferiche i pali e le assi per la costruzione delle baracche.

Agli 'archeologi del ghiaccio' gli edifici si sono presentati metro dopo metro, scavandoli nella neve: «Assieme agli altri volontari – racconta Holzer – ho potuto riportare a valle indumenti, coperte, camicie, anche un piccolo fornello da campo. Oggetti mai toccati per 100 anni». E quando gli si chiede quale emozione può destare un reperto, cita il caso di due elmetti, uno italiano e uno austriaco, rinvenuti sotto il Gran Zebrù qualche anno fa: «Portavano ammaccature, segni della guerra che fanno pensare». L’associazione peraltro mette da tempo in evidenza la necessità di realizzare un museo sulla guerra dell’Ortles: la sede sarebbe già stata individuata nel forte di Gomagoi, sulla salita verso lo Stelvio. Si spera che dalla collaborazione con la Provincia possa realizzarsi questa nuova custodia, dopo quella fedelissima garantita per un secolo dal ghiaccio perenne.