L'accordo. Detenuti di 35 carceri al lavoro nei cantieri post sisma del centro Italia
La firma del protocollo al Ministero della Giustizia
Il centro italia ferito dal terremoto del 2016 sarà ricostruito anche grazie al lavoro delle persone detenute in 35 istituti sparsi in dieci province delle regioni Abruzzo, Lazio, Molise, Marche e Umbria. È quanto previsto dal Protocollo d’intesa siglato oggi, 19 ottobre, nella sede del Ministero della Giustizia, tra il commissario straordinario alla ricostruzione, Giovanni Legnini, la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, cardinale Matteo Maria Zuppi, il presidente del Consiglio nazionale dell’Anci, Enzo Bianco, e il vicepresidente Ance con delega per la ricostruzione del centro Italia Piero Petrucco. Era presente anche il capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, Carlo Renoldi.
Il Protocollo d'intesa: il lavoro come strumento di reinserimento sociale
Le persone detenute parteciperanno ai lavori di oltre 5mila opere di ricostruzione pubblica e di 2.500 chiese danneggiate dalle scosse di sei anni fa. «Il Protocollo rappresenta un passo importante sulla strada della responsabilità comune», ha detto il presidente Cei Matteo Maria Zuppi. La Cei promuoverà, presso le imprese impegnate nella ricostruzione degli edifici di culto, l’utilizzo di manodopera da parte dei detenuti valutati idonei. «Se vogliamo che il carcere non sia solo punitivo – ha aggiunto Zuppi –, ma soprattutto redentivo dobbiamo smettere di pensarlo come una realtà isolata, a sé stante, emarginata. Dare ai detenuti la possibilità di lavorare è un modo per farli sentire parte della comunità, per dare loro una prospettiva di futuro e un’alternativa valida per non tornare a delinquere una volta scontata la pena. Il fatto che siano impegnati in cantieri per la ricostruzione, pubblica e religiosa, è poi un segno di speranza e un incoraggiamento a costruire insieme il nostro domani».
L’obiettivo del Protocollo, infatti, è quello di aumentare le opportunità di lavoro, strumento indispensabile per il pieno reinserimento sociale, di chi sta scontando una pena detentiva in 35 istituti del centro Italia. «Ricostruire gli edifici, per ricostruire anche le proprie vite e sentirsi parte della comunità», le parole della ministra della Giustizia Marta Cartabia che attribuisce «un fortissimo significato simbolico» al protocollo che, ha spiegato, «permetterà ad alcune persone di uscire dal carcere di lavorare nei cantieri dei paesi feriti dai terremoti. Attraverso il lavoro, il tempo della detenzione si orienta verso l’obiettivo costituzionale della rieducazione e del reinserimento sociale».
Il numero dei detenuti coinvolti dipenderà dal programma dei lavori e dai cantieri individuati. Le modalità di inserimento lavorativo verranno definite in base ai profili dei singoli detenuti e alle esigenze delle aziende. Merito di un accordo «denso di significati», ha detto il commissario straordinario alla ricostruzione Giovanni Legnini: «Consentire ai detenuti che ne hanno titolo, sulla base delle disposizioni dell’ordinamento penitenziario, di lavorare nei cantieri pubblici e di ricostruzione delle chiese nell’enorme cratere del centro Italia rappresenta una bella opportunità per inverare il principio della funzione rieducativa della pena e per le Imprese di formare ed utilizzare personale motivato a dare un contributo a tale importante finalità pubblica».
Al commissario straordinario Legnini spetterà la funzione di raccordo delle attività, mentre il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria individuerà gli idonei e favorirà il loro inserimento in cantieri vicini alle strutture detentive, in accordo con la Magistratura di sorveglianza. «Questo protocollo – ha detto il presidente del Consiglio nazionale dell’Anci, Enzo Bianco – rafforza la collaborazione avviata dieci anni fa con il Ministero della Giustizia sul tema dei lavori di pubblica utilità nei Comuni: abbiamo dato vita ad un programma sperimentale per attività lavorative extramurarie dei detenuti attraverso progetti concreti a favore delle comunità locali».
La firma del protocollo al Ministero della Giustizia - Siciliani-Gennari/CEI
Il compito di Anci e Ance sarà quello di diffondere alle proprie strutture territoriali e, per il loro tramite, anche agli enti bilaterali del sistema, i contenuti del Protocollo. «È un’opportunità significativa per i detenuti di impegnarsi concretamente nei territori così duramente colpiti dagli eventi sismici del 2016», ha aggiunto Bianco parlando di «una duplice ricostruzione»: Quella della «vita dei detenuti su un percorso di riabilitazione e di quei territori, in favore delle comunità locali. Gli amministratori locali sanno bene infatti che il carcere dev’essere un luogo dove scontare la pena, ma anche una occasione di recupero e reinserimento nella nostra società».
Con il Protocollo viene definito anche un Comitato paritetico di gestione, composto dai rappresentanti dei firmatari, che sarà istituito entro 15 giorni, con il compito di promuovere e monitorare le attività previste dal documento e di coordinare le azioni degli enti e dei soggetti che hanno aderito. «Questo Protocollo – ha commentato il vicepresidente Ance, Piero Patrucco - rappresenta anche un’opportunità per le imprese di formare e occupare nuova manodopera in opere importanti per la rinascita di un territorio ferito dal terremoto. Si tratta di un impegno – ha concluso – che può garantire risvolti positivi sia dal punto di vista sociale che economico, in linea con gli obiettivi che Ance vuole perseguire».