Gli scandali legati allo sperpero di spese per la politica fanno parte di "un' Italia vecchia che preferiremmo non vedere in futuro". Lo ha detto il premier Mario Monti in conferenza stampa a Palazzo Chigi illustrando il decreto sui costi della politica. Sindaci e presidenti di Provincia che hanno contribuito al dissesto "non sono candidabili per dieci anni" a numerose cariche tra cui quelle nelle Giunte e nei Consigli e nel Parlamento. Lo prevede la bozza di decreto legge all'esame del Consiglio dei ministri sui costi della politica. In arrivo anche pesanti sanzioni. "Gli amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto, anche in primo grado, responsabili di aver contribuito con condotte, dolose o gravemente colpose, sia omissive che commissive, al verificarsi del dissesto finanziario - si legge nel testo del dl - non possono ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati. I sindaci e i presidenti di Provincia ritenuti responsabili ai sensi del periodo precedente, inoltre, non sono candidabili, per un periodo di dieci anni, alle cariche di sindaco, di presidente di provincia, di presidente di Giunta regionale, nonché di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo. Non possono altresì - prosegue il decreto legge - ricoprire per un periodo di tempo di dieci anni la carica di assessore comunale, provinciale o regionale né alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici. Ai medesimi soggetti, ove riconosciuti responsabili, le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti irrogano una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque e fino ad un massimo di venti volte la retribuzione dovuta al momento di commissione della violazione".AGENDA DIGITALE E START UPIl Consiglio dei ministri "ha approvato un dl su agenda digitale e start up". Lo afferma il presidente del Consiglio, Mario Monti. Le misure contenute nel dl, spiega il premier, "sono in grado di trasformare l'Italia". In particolare, "la trasmissione del sapere, la condivisione dell'informazione, la possibilità di sviluppare l'imprenditoria attraverso un forte rapporto con i mercati internazionali, la connettività, i servizi ai cittadini costituiscono le basi per recuperare il gap che divide L'Italia dagli altri Paesi". Agenda digitale, nascita e sviluppo di startup innovative, strumenti fiscali per agevolare la realizzazione di grandi opere con capitali privati, attrazione di investimenti esteri, credito alle Pmi e liberalizzazioni in campo assicurativozioni: sono le principali aree di intervento del "Decreto Crescita 2.0" approvato dal Cdm.
Gli incentivi fiscali per le start-up previsti dal dl Sviluppo saranno finanziati in parte con la Cassa Conguaglio per il settore elettrico (destinata all'efficienza e alle rinnovabili) e alimentata dal gettito della tariffe elettriche e del gas naturale. Secondo il presidente dell'Autorità per l'energia, Guido Bortoni, questa disposizione non dovrebbe però comportare un rischio di rincari sulle bollette. Bortoni spiega infatti che si dovrebbe trattare solo di un "cambio di destinazione", perché "il fondo già esisteva".Tra le misure a favore della nascita di imprese innovative, il decreto prevede la detrazione, "per gli anni 2013, 2014 e 2015, dall'imposta lorda sul reddito delle persone fisiche di un importo pari al 19 per cento della somma investita dal contribuente nel capitale sociale di una o più start-up".
La proroga della concessione per il Corbo-Sulcis è presente nella bozza del decreto sviluppo all'esame del Consiglio dei ministri, ma viene accorpata anche alla proroga del regime tariffario favorevole per Alcoa.TAGLIO AI COSTI DELLA POLITICA, ERRANI: DECRETO VERSO GIUSTA DIREZIONE"Le linee del decreto sui tagli al costo della politica che il Governo ci ha illustrato vanno nella direzione che le Regioni hanno proposto e indicato". Lo ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani. "È evidente che, se verrà confermato che il decreto del Governo va nella direzione da noi proposta, le Regioni non faranno alcuna impugnativa": lo ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, sul decreto che riguarda i costi della politica che nel pomeriggio il Cdm dovrà approvare.Il Consiglio dei ministri HA esaminato il decreto che taglia i costi dei Consigli regionali, con ampie sforbiciate al numero dei consiglieri e alle indennità. Si tratta di norme sollecitate dagli stessi governatori la scorsa settimana. Però, visto che fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio, il Governo incontrera i rappresentanti dei presidenti delle Regioni per essere sicuri che non ci saranno ricorsi. Ma contatti tra Palazzo Chigi e i governatori sono stati continui e sono proseguiti fino a tarda sera. Intanto in un clima di confusione si è bloccata alla Camera la legge di iniziativa popolare che taglia le indennità a parlamentari e consiglieri regionali a causa dell'inerzia del Governo, mentre è stata approvata la legge sui "portaborse" che evita il triste fenomeno del lavoro nero nelle Camere. Il decreto del governo non si scosta molto dal documento portato dai Governatori al sottosegretario Antonio Catricalà la scorsa settimana, documento che a sua volta non si discostava dall'articolo 14 della manovra Tremonti dello scorso agosto (il decreto 138) che prevedeva la riduzione dei Consiglieri e dei loro stipendi. La manovra demandava alle regioni il compito di attuarle entro sei mesi, cosa che naturalmente non è avvenuta. L'indignazione dell'opinione pubblica dopo il Lazio-Gate, ha indotto Consigli e Giunte regionali a fare quello che non hanno fatto in questi 15 mesi. Alcuni Consigli hanno già provveduto a ridursi i Fondi e le poltrone.
Ieri la Camera ha approvato le leggi per la riduzione dei consiglieri in tre Regioni a statuto speciale, Friuli, Sardegna e Sicilia, secondo le procedure costituzionali. A questo punto a doversi adeguare ai criteri della manovra Tremonti sono solo alcune Regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Umbria e Lazio. Quest'ultimo è sciolto e quindi interverrà il potere sostituitvo dello Stato, appunto col decreto. Nell'incontro con le Regioni il Governo vuole capire se può procedere con i tagli direttamente con il decreto, e in tal caso vuole essere sicura dell'assenza di ricorsi alla Corte costituzionale. Oppure si può fare una norma che riapra i termini per l'adeguamento delle Regioni ai criteri della manovra Tremonti, ma con esplicitando che in caso di inerzia delle Regioni ci sarà il potere sostitutivo dello Stato. Alla Commissione Affari costituzionali della Camera si è bloccata la legge di iniziativa popolare che taglia le indennità di parlamentari e consiglieri regionali alla media europea. Il Governo infatti non ha nominato i nuovi membri della commissione incaricata di fare i calcoli, dimessisi lo scorso dicembre. L'imbarazzo è bipartisan, ma si lavora ad una legge che intervenga sulle sole indennità di deputati e senatori basandosi sui dati del Parlamento europeo. E da quest'ultimo è stato mutuato il sistema per la legge sui cosiddetti "portaborse", approvata oggi a Montecitorio. In base ad essa Camera e Senato non daranno più i soldi cash ai parlamentari per i loro collaboratori, ma pagheranno questi ultimi direttamente. Si evita così il fenomeno del lavoro nero o di senatori e deputati che intascano i soldi pur non avendo alcun collaboratore.