Bene comune. Cattai: le cinque vie di Retinopera per rimettere al centro la persona
Il coordinatore di Retinopera Gianfranco Cattai
Alla vigilia del suo ventesimo compleanno, nel 2022, Retinopera si riunisce in assemblea. Per una verifica del cammino compiuto, per tracciare la rotta del prossimo triennio. All’incontro di domani, che vedrà confrontarsi i rappresentanti dei 23 grandi organismi del laicato cattolico che ne fanno parte, sarà presente il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, e come ospiti, i responsabili di altre grandi reti associative: la Consulta nazionale delle aggregazioni laicali (Cnal), Scienza & Vita e il Forum delle associazioni familiari. A introdurre i lavori il magnifico rettore dell’Università Lateranense Vincenzo Buonomo. Gianfranco Cattai, una vita nella Focsiv, ha l’impegnativo incarico di coordinatore di Retinopera.
Tre anni fa il cardinale Bassetti vi lasciò un auspicio che è stata anche una bussola: «Fare rete non è solo fare somma, ma è collegialità e comunione».
Esamineremo, con sincerità, il cammino percorso. Allo stesso tempo discuteremo le linee programmatiche per il futuro triennio. Cinque i temi individuati: migranti, anziani, ambiente, poi la triade politica, società e bene comune, infine Next generation Eu. Con una preoccupazione di fondo: Retinopera non è un ente a sé, ma esiste in quanto esistono i 23 organismi che la costituiscono. Sono loro che fanno le scelte di Retinopera, votate sempre all’unanimità.
È per questo che Retinopera non ha un presidente che propone e dispone?
Non abbiamo bisogno di un super-organismo, ma di un progetto culturale che venga incarnato nella quotidianità e nei territori dalla rete dei 23 organismi: dalle Acli alla Focsiv, da Sant’Egidio, a Coldiretti o Confcooperative.
Un progetto da declinare secondo i punti del programma triennale?
Sì, e ovviamente ogni organismo lo farà secondo la sua missione. Qui sta la complementarietà e la trasversalità. Ma dobbiamo conoscerci di più, entrare maggiormente in contatto, trovare gli elementi trasversali: relazioni, fraternità, generatività.
C’è un progetto per fare questo?
Avvieremo un’indagine interna agli associati per conoscere le collaborazioni già in atto, formali e non, anche a livello territoriali. Oggi non ne abbiamo una fotografia precisa. Lo scopo è individuare buone pratiche da cui trarre linee guida, nazionali e territoriali.
Che dimensione ha Retinopera dal punto di vista associativo?
Gli associati dei nostri movimenti sono 8 milioni. Questo non significa che siamo importanti, ma che abbiamo una responsabilità enorme, se vogliamo essere punto di riferimento per proposte su qualità di vita, attenzione agli ultimi, centralità della persona. Ci stiamo preparando alla settimana sociale di Taranto di ottobre. E all’orizzonte c’è il Sinodo, un percorso di confronto tra clero e laici.
L’agire sociale e pre-politico non può ignorare la dimensione politica, in una stagione in cui i cattolici sono accusati di "irrilevanza".
È un capitolo enorme. Sant’Egidio, ad esempio, sta provando a dare la sua risposta attraverso Demos. Retinopera nel suo insieme ha deciso di non avere relazioni privilegiate con un partito, ogni organismo ha sensibilità diverse. Ma questo non significa che possiamo portare avanti con tutti i nostri valori.
Un esempio per spiegare questa scelta?
Alle ultime elezioni europee abbiamo assunto come Retinopera una posizione su "l’Europa che vogliamo". Ognuna delle nostre realtà aveva già scritto fiumi sul tema. Retinopera ha sintetizzato sei punti, trasversali e condivisi fino all’ultima virgola. Offriamo ai partiti contributi su singoli temi.
Quali vie di comunicazione adotterete per queste condivisioni?
Abbiamo la consapevolezza che sui nostri temi dobbiamo imparare a comunicare. È uno degli impegni per il prossimo triennio: investire nella comunicazione, anche nei social-network.