Camaldoli. Castagnetti: «Torni l'ambizione dei cattolici di incidere»
Per Pierluigi Castagnetti, ultimo segretario del Ppi, ex parlamentare ed esponente prima della Dc e poi del Pd, il Codice di Camaldoli significò soprattutto «l’ambizione dei cattolici di guidare la costruzione del Paese dopo il fascismo».
Castagnetti, ma quale fu la vera novità portata da Camaldoli?
Qui è stato pensato il sistema economico che bisognava dare all’Italia post fascista, il sistema di welfare e il sistema istituzionale, il modello democratico che ha ispirato la nostra Costituzione. Qui per la prima volta si è pensato all’Italia del dopo fascismo, nessuno l’aveva mai fatto. Quella generazione di cattolici giocò un ruolo importantissimo. Non si dirà mai abbastanza che l’impianto culturale della Costituzione è personalista e dunque è quello voluto dai costituenti cattolici. Ma non è tutto perché da quell’impianto derivò anche il processo di unificazione europea guidato da De Gasperi. I vincoli interni, la Costituzione, ed esterni, il Trattato Europeo, sono quelli che garantiscono la nostra democrazia perché non subisca delle derive. I vecchi costituzionalisti dicevano che le Costituzioni sono leggi che i popoli si danno nei momenti di loro maggior saggezza per difendersi dai momenti di loro maggiore dissennatezza. Quindi non si sono solo dati l’ambizione di guidare un processo di costruzione della democrazia ma anche di metterla in sicurezza per gli anni futuri.
Ma c’è qualcosa di quel lavoro che ora è sotto minaccia?
La democrazia è una conquista da riconquistare tutti i giorni. Non c’è nulla di scontato. E certamente va aggiornata, perché deve corrispondere alle domande di un tempo che è cambiato. Non possiamo pensare che un Paese così mutato possa essere gestito con le idee passate. Neanche De Gasperi si accontentò di ricostruire il Partito popolare, ma capì che in un tempo nuovo bisognava inventare un partito nuovo. Non bastava avere bene impressi i valori del popolarismo, ma serviva la cultura di governo perché i valori, se non vengono trasformati in atti concreti, in scelte, non incidono nella storia e un cattolico deve avere l’ambizione di incidere nella storia.
Ma qual è il ruolo dei cattolici ora che non c’è più questo grande partito?
Ovviamente è cambiato. Al tempo di De Gasperi la Dc rappresentava un popolo, adesso questo popolo non chiede di essere rappresentato come popolo di Dio. E mancando la presenza sociale della Chiesa, i cattolici sentono tutta intera la responsabilità di inventarsi un ruolo senza il sostegno dall’esterno. Gli intellettuali cristiani di un tempo avevano alle spalle l’eccellenza accademica del Paese. Ora l’eccellenza accademica non si preoccupa della tradizione cristiana. Il tema dei laici cristiani è sempre quello di dimostrare l’attualità e l’attuabilità del Vangelo e in ogni fase della storia questi due elementi vanno aggiornati. Certo politica e Vangelo non sono la stessa cosa. Il Vangelo però continua a parlare e se sei un credente impegnato in politica devi ascoltarlo. E devi trovare il modo di renderlo attuale. La politica serve a rendere attuali le cose, a trasformarle e questa è la sfida da accettare se vogliamo assolvere alla nostra responsabilità di credenti.
La coralità fu una cifra del codice di Camaldoli. Crede si sia persa nella politica attuale tra i cattolici?
In quel tempo c’era un idem sentire del mondo cattolico. Oggi i sondaggi dicono che il comportamento elettorale dei cattolici è uguale a quello dei non credenti. Ma questo idem sentire era frutto di una formazione. Quando io ero ragazzo le encicliche erano lette in modo comunitario nelle parrocchie. Adesso non vengono proprio lette, nella migliore delle ipotesi si leggono alcuni capitoli, quelli che corrispondono ai titoli. Ma nella completezza sono pochissimi quelli che hanno letto la “Fratelli tutti”, per esempio.
Ma paradossalmente la Laudato si’ è stata molto apprezzata dai non credenti.
Perché ha trattato un tema che fino a quel momento era oggetto di una cultura progressista mondana. Ma papa Francesco, con il concetto di ecologia integrale, è riuscito a fargli fare un salto di qualità al quale loro non erano arrivati e hanno dovuto riconoscerlo.
C’è ancora spazio per i cattolici nel Pd?
C’è finché i cattolici si muovono, finché combattono, perché chi sceglie di fare politica non sceglie di sedersi su una poltrona comoda. Se è così, è ridotto al silenzio dal vincitore del tempo. Invece ce ne sono tantissimi, il 30% dei parlamentari e devono combattere la loro battaglia. Ci sono al momento enunciazioni che stridono con la cultura cattolica. Quindi bisogna saper dire dei “no”. Ci sono dei momenti in cui la ricchezza delle vita dei partiti è data dalla dialettica fra posizioni evidenti e gli elettori hanno bisogno di vederle anche se non conciliate. Dopo di che gli elettori sono padroni. Ma certo i cattolici non possono contrarsi in uno strumento di piccole dimensioni, devono avere l’ambizione di fare la storia e puoi farlo solo in un partito di grandi dimensioni.