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Caso Regeni. Rinviati a giudizio i quattro 007 egiziani accusati di tortura e omicidio

Luca Liverani lunedì 4 dicembre 2023

I genitori di Giulio, Paola Deffendi e Claudio Regeni

Rinviati a giudizio i quattro 007 egiziani accusati di avere sequestrato, torturato ed ucciso Giulio Regeni, scomparso al Cairo il 25 gennaio 2016 e ritrovato morto il 3 febbraio sulla strada per Alessandria d’Egitto, dopo nove giorni di torture. Ci sono voluti quasi otto anni, ma alla fine i presunti colpevoli della morte del ricercatore friulano, dottorando a Cambridge, saranno processati - anche se in contumacia - al termine di un tortuoso iter giudiziario, sbloccato dalla Corte costituzionale a settembre. Lo stallo era provocato dall’impossibilità di notificare formalmente le accuse agli imputati, protetti dal governo egiziano. Così stamattina a piazzale Clodio il gup di Roma ha finalmente disposto il giudizio, fissando l'avvio del processo al 20 febbraio 2024 davanti alla prima sezione della Corte d'Assise.

La Presidenza del Consiglio si è costituita parte civile, sollecitando, in caso di condanna degli imputati, un risarcimento di 2 milioni di euro. «Ringraziamo tutti, oggi è una bella giornata», ha detto commossa Paola Deffendi, la madre di Giulio, lasciando la cittadella giudiziaria assieme al marito Claudio. È il secondo rinvio a giudizio, dopo quello che si era arenato sull’assenza del generale Tariq Sabir, dei colonnelli Athar Kamal e Uhsam Helmi e del maggiore Magdi Ibrahim Abdel Sharif. Per tutti gli uomini dei servizi segreti del presidente egiziano Al Sisi le accuse sono di concorso in lesioni personali aggravate, omicidio aggravato e sequestro di persona aggravato.

Il punto della superstrada Cairo-Alessandria in cui fu ritrovato il corpo martoriato di Giulio Regeni - ANSA

«L’assenza degli imputati non ridurrà il processo ad un simulacro - ha detto in aula il procuratore aggiunto Sergio Colaiocco - e poter ricostruire pubblicamente in un dibattimento penale i fatti e le singole responsabilità corrisponde ad un obbligo costituzionale e sovranazionale». La decisione della Consulta ha infatti impresso una svolta al procedimento, dichiarando illegittimo in questo caso l'art. 420-bis, comma 3, del Codice di procedura penale. Cioè nella parte in cui impedisce al giudice di procedere in assenza degli imputati. In caso di delitti commessi mediante atti di tortura, dunque, si può e si deve procedere. Secondo quanto stabilito dalla Consulta è quindi sufficiente che gli imputati siano a conoscenza dell’«esistenza» del procedimento. In questo modo è stato superato l'ostruzionismo messo in atto dalle autorità egiziane, che non hanno mai fornito ai giudici gli indirizzi degli imputati, necessari per inviare una formale comunicazione. Nell’atto di costituzione di parte civile l’Avvocatura dello Stato parla di «un orrendo crimine» che «ha colpito profondamente la comunità nazionale, per le incomprensibili motivazioni e per le crudeli modalità di esecuzione».

Soddisfatta l’avvocato Alessandra Ballerini, legale a fianco dei genitori di Giulio fin dall’inizio, che ha ricordato come nel recente incontro tra il ministro degli Esteri, Antonio Tajani e Al Sisi, «il ministro italiano ha informato il presidente egiziano che si procederà in Italia contro i quattro imputati».

Sit-in del "popolo giallo" davanti al Tribunale - ANSA

Ad attendere l’importante decisione davanti al tribunale c’era un sit-in del “popolo giallo” che da sempre segue la vicenda, assieme alla “scorta mediatica” dei giornalisti, rappresentati dai sindacati Fnsi e Usigrai. Presente anche la segretaria dem Elly Schlein per «confermare la piena vicinanza alla famiglia di Giulio Regeni» in quella che, ha detto, «speriamo sia finalmente la partenza di un processo molto atteso e a lungo ostacolato». «Proprio alla Cop27 dell’anno scorso a Sharm el-Sheikh in Egitto indossavo una maglietta gialla, mostrando lo striscione “Verità per Giulio Regeni“», ha ricordato Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra: «Alla fine la giustizia farà il suo corso - ha detto - grazie alla grande forza del papà e la mamma di Giulio e alla enorme mobilitazione». «Chiediamo giustizia per Giulio, per i suoi cari, per tutta la nostra comunità. Non è una questione che riguarda una famiglia, ma lo Stato italiano», il commento dell'ex presidente della Camera del M5s Roberto Fico.