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Migranti. Le Ong sul caso Salvini-Open Arms: chi è stato soccorso deve poter sbarcare

Daniela Fassini martedì 17 settembre 2024

Non entrano nel merito della difesa delle frontiere ne tantomeno della sicurezza del Paese Italia, ovvero i due capisaldi che vengono tirati in ballo dalla difesa del processo Open Arms che vede come primo imputato l’ex ministro e attuale vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, per il quale la Procura di Palermo ha chiesto sei anni. Sul banco degli imputati per Ong e organizzazioni umanitarie vicine ai disperati che attraversano il Mediterraneo per raggiungere l’Europa e l’Italia c’è proprio quell’immigrazione “irregolare” ovvero l’unico modo per salvarsi dalle violenze e dalle guerre in quei Paesi da cui tutti fuggono. Ma anche quella legge del mare che afferma senza troppi “se” o senza troppi “ma” che chi è salvato dalle acque ha il diritto di essere portato nel porto sicuro più vicino.

«La requisitoria di sabato scorso e l’intero processo hanno dimostrato alcuni punti fondamentali – commenta Valentina Brinis di Open Arms – innanzitutto che le normative internazionali sul diritto marittimo hanno valore superiore a qualunque propaganda politica e che le stesse normative individuano due ruoli fondamentali e che sono due istituzioni fondamentali quando si parla di diritto marittimo che sono in particolare quelle del centro di coordinamento marittimo di uno Stato e la figura del comandante».

Le decisioni prese dal comandante «sono prese in virtù di quella che è la propria valutazione della situazione che sta vivendo a bordo della propria imbarcazione – aggiunge Brinis – e che tra i due (il comandante e il centro di coordinamento marittimo per il soccorso, ndr) c’è anche un collegamento continuo e una comunicazione costante». «Eppoi quello che emerge – prosegue – è che dal 2019 siamo di fronte a una situazione che è quasi immutata ovvero che la rotta del Mediterraneo è una rotta molto percorsa e su cui avvengono molti incidenti e l’altro tratto che è immutato è che questa rotta rimane percorsa da persone che si mettono su imbarcazioni sovraccariche che sono di per se insicure al di là del fatto che il motore funzioni o meno». Viene anche ricordato «un principio fondamentale del soccorso in mare ma anche del soccorso a terra ovvero che chi si trova in difficoltà ha diritto ad essere aiutato e messo in una situazione protetta ancora prima di identificare la sua nazionalità, lo status o anche solo l’intenzione».

«Salvini e il suo governo parlano di tutela delle frontiere ma non c’è niente da difendere – incalza Filippo Muraglia Arci e coordinatore Tavolo Asilo – è una argomentazione del tutto inventata perché in questo caso non c’è niente da difendere, parliamo di 147 persone inermi che si presentano con la loro faccia, che non hanno armi e che in nessun modo rappresentano una minaccia per l’Italia».

Un modo come un altro per fermare gli ingressi da parte di un governo che ne ha fatto il cavallo di battaglia per conquistare gli elettori. Ma, sottolinea Muraglia, «ricordo che l’immigrazione irregolare è l’unica via che hanno le persone per mettersi in salvo in Europa a parte naturalmente i corridoi umanitari che sono un numero irrisorio (parliamo di qualche migliaio di persone nel giro di alcuni anni)». «Le persone non possono accedere ai visti per motivi umanitari e se si vogliono mettere in salvo dalle violenze che ci sono in Libia, ad esempio, o in Tunisia, che non è un paese sicuro o contro i rimpatri che sta mettendo in atto la Turchiapenso ad esempio agli afghani che non hanno alternativa: o rischiare di morire a Cutro o cadere di nuovo nelle mani dei taleban ovvero la prospettiva di essere rimpatriati e dall’altra un’ipotesi di vita migliore in Europa ed è chiaro che tentano questa seconda via a qualsiasi prezzo, anche per i propri figli».

Ma c’è anche una legge del mare che va ricordata. «Una legge che dice che non si possono sequestrare le persone che sono state soccorse e che bisogna portarle nel porto sicuro più vicino».

Anche Gianfranco Schiavone (Asgi) ricorda il diritto del mare. «Nel nostro ordinamento giuridico i diritti umani fondamentali riguardano la persona in quanto tale e non solo il cittadino e prescindono del tutto dallo status giuridico tra regolari o irregolari, che è una semplice distinzione di natura amministrativa». Come ha sottolineato il procuratore di Palermo, sottolinea Schiavone «la persona soccorsa in mare è solo una persona da salvare ed è irrilevante la sua condizione giuridica fino a completamento delle operazioni di soccorso». Il loro salvataggio non poteva essere impedito né poteva essere ostacolato, aggiunge il rappresentante dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione. «Doveva essere semplicemente fatto, concludendo le operazioni di soccorso a terra. Ogni altra decisione sulla condizione di ingresso e soggiorno delle persone salvate poteva avvenire solo a conclusione della operazioni di salvataggio e comunque salvaguardando il diritto di chiedere asilo per chi ha raggiunto l’Italia con questa finalità».