Roma. Caso Moro, il pg accusa il superconsulente Usa
Nuovo colpo di scena nell’interminabile e ancora in parte oscura vicenda del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro. Il procuratore generale di Roma, Luigi Ciampoli ha infatti chiesto di indagare su Steve Pieczenik, ex funzionario del Dipartimento Usa, esperto di terrorismo, consulente del governo italiano durante i 55 giorni del sequestro e membro del comitato costituito al Viminale dall’allora ministro dell’Interno, Francesco Cossiga e pieno di uomini della P2. Gravi le accuse contro quello che negli anni successivi venne definito 'l’amerikano'. Per il Pg, infatti, ci sarebbero 'gravi indizi circa il suo concorso nell’omicidio' del presidente della Dc. La richiesta dell’alto magistrato è contenuta nel decreto di archiviazione, più di 100 pagine, inoltrato due giorni fa al gip, dell’inchiesta sulle rivelazioni dell’ex ispettore di Ps, Enrico Rossi sulla presenza in via Fani al momento dell’agguato di due uomini dei servizi segreti a bordo di una moto Honda. E proprio su questo il Pg pur chiedendo l’archiviazione per non aver potuto individuare i due, afferma che «l’uccisione di Aldo Moro non fu un omicidio legato solo alle Brigate rosse. Bisogna prendere atto che sul palcoscenico di via Fani non c’erano solo le Br. Ma c’erano i nostri servizi sevreti e quelli di altri Paesi interessati a creare caos in Italia. Presenze che i brigatisti hanno sempre sminuito». Dunque, aggiunge il Pg, se non fosse morto, avrebbe dovuto essere indagato per concorso nel rapimento e nell’uccisione degli uomini della scorta di Moro, il colonnello del Sismi, Camillo Guglielmi che sicuramente quel giorno era in via Fani. Ma dopo la sua morte non si può più procedere anche se restano molti sospetti. Affermazioni che Ciampoli ha ripetuto e spiegato ieri nell’audizione davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul 'caso Moro' da poco costituita, assieme al sostituto procuratore generale Otello Lupacchini, grande esperto di terrorismo e di Banda della Magliana. Per quanto riguarda il consulente Usa i sospetti si basano sia sulle sue successive affermazioni che sulla sua attività al Viminale. In queste i magistrati hanno trovato elementi indiziari sulle pressioni e gli interventi affinché Moro non tornasse vivo. Insomma Moro venne ucciso dalle Br ma altri contribuirono alla sua morte. Sospetti e buchi neri di un’inchiesta interminabile. I magistrati hanno nuovamente interrogato l’ingegner Marini, testimone di via Fani, contro cui gli uomini della Honda spararono. E hanno trovato a casa sua un 'baracchino' per intercettare le telefonate (era stato minacciato) mai ritirato da allora.