Caso Gregoretti . Il 20 gennaio il Senato voterà se mandare Salvini a processo
Il pattugliatore Gregoretti al Pontile Nato della Marina militare nella rada di Augusta, luglio 2019
La Giunta per le immunità del Senato voterà il 20 gennaio l'autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini in relazione al caso Gregoretti.
L'ha deciso la Giunta per il regolamento, approvando l'ordine del giorno del centrodestra per un verdetto il 20. Alla votazione ha partecipato anche la presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati, votando a favore. Un voto decisivo, visto che nella Giunta, reintegrata di due senatori di maggioranza, le due parti sono 6 a 6, esclusa la presidente.
Come si ricorderà Salvini è accusato di sequestro di persona perché, in qualità di ministro dell'Interno nel governo giallo-verde, non avrebbe assegnato un porto dove sbarcare alla nave della Marina Militare Gregoretti, che nel luglio 2019 recuperato 131 migranti a rischio naufragio, lasciando così per tre giorni in mezzo al mare marinai e salvati.
Lo scontro politico
«Noi avevamo proposto che la Giunta per le Autorizzazioni si riunisse oggi, eravamo d'accordo che completasse i propri lavori prima di arrivare in Aula. Ma evidentemente questa cosa non era di gradimento» ha detto il capogruppo Pd al Senato Andrea Marcucci al termine della giunta per il Regolamento.
Nei giorni scorsi la maggioranza M5s-Pd aveva chiesto di rinviare a dopo il 26 gennaio (data del voto regionale in Emilia-Romagna e Calabria), visto che la conferenza dei capigruppo aveva deciso di sospendere le attività del Senato tra 20 e 24 gennaio.
Nella Giunta per le immunità, il presidente Maurizio Gasparri (Fi) aveva chiesto di non autorizzare il processo all'ex ministro leghista e di votare il 20. Proposta respinta.
In ballo ci sono infatti le elezioni regionali in Emilia Romagna del 26 gennaio. Il centrodestra ha sempre spinto per andare al voto in Senato prima dell'appuntamento elettorale regionale. Se, come possibile stando ai numeri dell'aula, venisse data l'autorizzazione a processare Matteo Salvini, Lega e Fratelli d'Italia contano di potere utilizzare la decisione in chiave emotiva negli ultimi giorni della campagna elettorale. La lettura che viene fatta già adesso (vedi sotto le dichiarazioni di Giorgia Meloni) è questa: l'attuale maggioranza attacca (se non "perseguita", sui social le forzature sono all'ordine del giorno) chi fa la volontà della maggioranza del popolo.
Ora la Giunta per il regolamento, presieduta dalla Alberti Casellati il cui voto è stato l'ago della bilancia, ha deciso per votare prima delle regionali sull'autorizzazione a procedere. Come voleva Matteo Salvini. E come voleva Fratelli d'Italia.
Durissimo l'attacco della maggioranza giallorossa alla presidente del Senato: «Alla fine ha gettato la maschera - polemizza Marcucci (Pd) - ha votato insieme alla destra per convocare una Giunta illegale, convocata contro il regolamento e contro il buon senso. È un fatto molto grave, la presidente del Senato da oggi non è più considerabile carica imparziale dello Stato, ma donna di parte».
Secca la replica della Presidente del Senato, che in una nota «respinge con forza ogni ricostruzione dei fatti che in qualche modo possa mettere in discussione la terzietà della sua azione ovvero connotarla politicamente, perché non si può essere terzi solo quando si soddisfano le ragioni della maggioranza e non esserlo più quando si assumono decisioni che riguardano il corretto funzionamento del Senato».
Esultanza a destra. «l tentativo di rinvio del voto sull'autorizzazione a procedere nei confronti dell'ex ministro Salvini - dice la leader di FdI Giorgia Meloni - era una vergogna degna di una maggioranza vigliacca che sa che la maggior parte degli italiani è d'accordo con le politiche fatte da Salvini e con il controllo dei flussi migratori».
La Cassazione: giusto non arrestare Carola Rackete
Intanto la terza sezione penale della Cassazione ha stabilito che è stato legittimo il no del gip di Agrigento all'arresto della comandante della Sea Watch, Carola Rackete, rigettando così il ricorso presentato la scorsa estate dal procuratore capo di Agrigento Luigi Patronaggio contro l'ordinanza, firmata il 2 luglio scorso dal gip Alessandra Vella. Quel giudice decise di non convalidare l'arresto di Rackete, escludendo il reato di resistenza e violenza a nave da guerra, che era stato contestato alla capitana per avere, il 29 giugno a Lampedusa, forzato il posto di blocco della Guardia di finanza che le aveva ripetutamente intimato l'alt. Nella manovra di attracco la motovedetta della Finanza era stata urtata dal natante della ong tedesca, dopo essersi infilata nello spazio tra la banchina e la grossa nave che era ormai in fase di attracco, per poi sfilarsi immediatamente.
Il gip aveva ritenuto che il reato di resistenza a pubblico ufficiale fosse stato giustificato da una "scriminante" legata all'avere agito "all'adempimento di un dovere", quello di salvare vite umane in mare. Con la pronuncia del gip era dunque venuta meno la misura degli arresti domiciliari deciso dalla procura che aveva chiesto la convalida della misura restrittiva e il divieto di dimora in provincia di Agrigento. In ogni caso, la decisione della Cassazione non avrebbe cambiato la posizione di Rackete, che sarebbe rimasta in libertà anche con un accoglimento del ricorso della procura. Le motivazioni con cui la Suprema Corte spiegherà il suo verdetto sono attese in 30 giorni.
Plaude Matteo Orfini del Pd polemizzando con Matteo Salvini e Giorgia Meloni: «Due lezioni per loro: le sentenze le emettono i giudici; e chi non ha nulla da temere non scappa dai processi». Stizzito il commento di Matteo Salvini: «Per qualche giudice una signorina tedesca, che ha rischiato di uccidere cinque militari italiani - così afferma - speronando la loro motovedetta, non merita la galera, ma il ministro che ha bloccato sbarchi e traffico di esseri umani sì. Questa non è giustizia, questa è vergogna».
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