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Povertà. Riavere una casa all'asta si può. Come funzionano le cartolarizzazioni sociali

Paolo Lambruschi martedì 13 agosto 2024

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La cartolarizzazione sociale degli immobili può essere la via per evitare a molte famiglie sovraindebitate di vivere sospese. Un esperimento dimostra che può ridare speranze a migliaia di persone sovraindebitate che vivono da anni vite sospese in case finite all’asta che non riescono a ricomprare e che vengono spesso svendute.

Dal 2008 la crisi economica ha messo in ginocchio molte famiglie italiane che hanno perso l’abitazione. Dal 2014 al 2023 le prime case all’asta sono state 570.000 di cui 460.000 svendute - caso unico nella Ue, come abbiamo scritto più volte ascoltando le denunce di Fondazioni antiusura e associazioni - spesso a società nei paradisi fiscali di evasori o a malavitosi.

Le nuove norme in tema di crisi di impresa e del sovraindebitamento dovrebbero cominciare ad agire, ma sono farraginose e lente e nel 2023 le prime case messe all’asta erano ancora 85.000. Case di famiglie che, pur avendo magari recuperato una condizione economica sufficiente per riscattarsi, non possono far fronte al pagamento del debito seppur scontato e vengono segnalate come cattivi pagatori, impedendo loro così la possibilità di accesso ai mutui.

Una soluzione innovativa sta emergendo grazie a chi pensa che possano riscattarsi continuando a rimanere all’interno della propria casa. Sono le cartolarizzazioni sociali, introdotte nella legge 130/99 dal 2019. Come funzionano?
Società di investimento che ne palesano lo scopo possono acquistare i crediti di immobili all'asta a, e dopo accordi innovativi e sostenibili con il proprietario, acquisire la casa per poi concedere in affitto con possibilità di riscatto ai precedenti proprietari, oppure sospendere la procedura e pianificare un piano di pagamento dilazionato nel tempo. I debiti vengono successivamente cancellati, ridando dignità e stabilità a chi è stato colpito dalla crisi. Un ammortizzatore sociale a rendimento che unisce solidarietà e pragmatismo, aprendo una strada alternativa per affrontare il dramma dei pignoramenti alle famiglie. Se ne parla molto in convegni, e audizioni. Nel quadro politico l’opposizione le sostiene e anche la maggioranza ha presente il problema.
Le cartolarizzazioni sociali sono state sperimentate da due anni dal progetto, chiamato “100CASE”, che ha acquisito crediti deteriorati di 100 immobili residenziali sparsi in tutta Italia. I criteri di acquisto erano chiari: dovevano essere posti in esecuzione immobiliare e i proprietari avere solo problemi legati al mutuo e al condominio.
I crediti erano gestiti solo con l’attività legale e in attesa dell’esito delle aste. Le quali possono durare anche anni per i tempi delle procedure, dei costi delle stesse, della mancanza di dialogo e spesso anche della non capacità di capire esattamente con chi parlare portando le aggiudicazioni a prezzi sotto il valore di mercato e notevolmente molto sotto il valore del debito. Un sistema in cui tutti sono perdenti.
«La nostra esperienza- spiega l’ideatore del progetto Mirko Frigerio - parte proprio dallo studio dei dati, delle procedure e dei tempi. Con i nostri soci e investitori abbiamo proposto un progetto alternativo al classico acquisto dei crediti. Al centro dovevano esserci le famiglie. Siamo tornati a parlare con loro, abbiamo sospeso le aste e abbiamo cominciato a negoziare con i proprietari, incontrandoli, entrando nelle loro vite e nelle loro case e comprendendo i problemi. Oggi, a circa metà percorso, posso dire con piacere che le cartolarizzazioni sociali sono fattibili. Sono sicuramente più risolutive delle sole aste immobiliari - che restano la soluzione per i soggetti non collaborativi e sono da estendere, per esempio a tutte le Gacs, ovvero le garanzie dello Stato in caso di insolvenza dei crediti deteriorati».
Un esempio di successo è quello di una famiglia bolognese,
«Abitano ancora nella loro casa . racconta Frigerio - hanno trovato un accordo di abbattimento del debito di oltre 220mila euro a poco più della metà e stanno pagando una sorta di “affitto a riscatto” della loro casa per i prossimi sette anni. Questo li ha liberati totalmente dal debito e sta ridando loro dignità senza la vendita all’asta, che avrebbe probabilmente svenduto la casa a meno della metà del valore. Il resto dei debiti sarebbe rimasto alla famiglia che avrebbe dovuto anche provvedere a trovarsi una sistemazione».
Invece questo esperimento positivo e replicabile in tutto il territorio nazionale riequilibra i rapporti fra creditori e debitori, è etico e ridona speranza a chi finora è stato scartato. Da un operatore privato è arrivata una risposta a un problema sociale diffuso. Ora tocca alla politica battere un colpo.