Attualità

Il caso. Il Mef al sindaco di Roma Raggi: lo sgombero di Casapound non è prioritario

Giampiero Bernardini mercoledì 20 febbraio 2019

Il palazzo romano occupato dal centro sociale Casapound (Ansa)

C'è centro sociale e centro sociale. Lo ha capito anche il sindaco a 5 stelle di Roma, Virginia Raggi, che si è vista di fatto stoppare dal governo amico la richiesta di sgombero della sede di Casapound nella capitale, un palazzo di una ventina di appartamenti con 60 vani occupato dal 2003. Perché questa iniziativa non risulta prioritaria sul fronte degli sgomberi. Questo, a quanto si apprende, il contenuto della lettera che il Ministero dell'Economia e finanza ha scritto al Campidoglio in risposta alla missiva con cui Virginia Raggi a fine gennaio informava il Mef della mozione approvata a maggioranza dall'assemblea capitolina per chiedere lo sgombero dello stabile occupato dal centro sociale di estrema destra in via Napoleone III a Roma. L'immobile è di proprietà del Demanio e secondo il Consiglio comunale potrebbe essere destinato a scopi utili per i cittadini. Ma il ministro Tria, a quanto risulta, non ha fretta di recuperare un bene dello Stato.

Il Mef infatti ha ritenuto, «dopo aver svolto l'istruttoria e tutti gli adempimenti necessari a rientrare in possesso dell'immobile sito in Via Napoleone III», di lasciare tutto in mano al prefetto di Roma, il quale a sua volta non sembra ritenere lo sgombero prioritario in base ai criteri stabiliti. Criteri che evidentemente non ritengono prioritario il recupero di beni dello Stato occupati abusivamente. Da quanto comunicato dal ministero, comunque, non si evince alcuna volontà di spingere nel senso dello sgombero. Tria in una nota fa sapere che "nella lettera del direttore dell'Agenzia, che il capo di Gabinetto del ministro si è limitato a trasmettere a Virginia Raggi, si informa il sindaco di Roma di tutti gli atti compiuti e della richiesta fatta in tal senso. L'effettuazione e la data dello sgombero sono di competenza del Prefetto di Roma che li farà secondo le proprie priorità", non mostrando, appunto, alcuna sollecitudine.

Il consigliere capitolino del Pd Giovanni Zannola attacca il ministero e annuncia battaglia. "Sgomberare - afferma - un palazzo occupato da un partito politico, dove invece si presume vivano alcuni dei suoi dirigenti che abbiamo visto e continueremo a vedere candidarsi serenamente alle politiche, alle amministrative e forse alle europee, rifacendosi alle ideologie fasciste, quello no, non è prioritario. Un palazzo che ha pendenze per più di 300.000 € di utenze non pagate (da loro no, ma da noi cittadini si), non è prioritario".
"Un edificio di pregio blindato, sorvegliato come fosse una fortezza militare dove vige "lo stato di diritto nostro" (parole testuali di Giannone leader CPI alla trasmissione Le Iene) non è prioritario -prosegue Zannola- Non è prioritario, perché non è pericolante ed è ben messo. Quanta viltà. Quanto timore. Quanta vergogna ancora dovremo provare nell'avervi al governo del paese? Lo Stato deve chiedere di rientrare in possesso di quell'edificio pubblico ora. Se pensate che la battaglia finisca qui, avete capito male. Continueremo a chiederlo al governo tramite il parlamento e lo faremo insieme alla città".

Duro Angelo Bonelli, dell'esecutivo nazionale dei Verdi: "Guarda caso la sede di Casapound, secondo il Mef 'non è priorità per prefettura e per demanio': l'associazione di estrema destra alleata della Lega di Salvini, si trova in un immobile occupato nel 2003 ed ubicato al numero 8 di via Napoleone III, a due passi dal Viminale, in una zona centralissima della Capitale in cui, secondo l'inchiesta dello scorso autunno realizzata dall'Espresso, sono residenti i vertici nazionali della stessa organizzazione." Lo scrive in una nota e prosegue: "Ad esempio il leader Simone Di Stefano, che al momento della presentazione delle liste per le politiche del 2013 ha dichiarato come residenza anagrafica proprio via Napoleone III, civico 8. C'è poi la moglie del presidente Gianluca Iannone, Maria Bambina Crognale, imprenditrice della ristorazione che alla Camera di Commercio nel 2014 aveva dichiarato quello stesso domicilio." Per concludere: "Il ministro Tria, con il messaggio alla Raggi, oggi ci dice che esistono sgomberi di 'serie A' e sgomberi di 'serie B' dove ovviamente a rimetterci sono le persone più povere, mentre i prepotenti riescono a farla franca. Ancora una volta questo Governo applica le leggi a proprio piacimento, piegando la legalità e la giustizia alla propaganda."

La replica del centro sociale: prima sgomberate i centri sociali di sinistra. "Siamo sempre stati aperti al dialogo con stampa e istituzioni. Abbiamo fatto entrare tutti in via Napoleone III a vedere e conoscere. Da oggi la nostra posizione sarà solo una: Casapound resterà lì finché esisterà anche un solo centro sociale di sinistra occupato in Italia". Ha scritto Simone Di Stefano segretario nazionale di Casapound su twitter. Come dire: se gli altri commettono illegalità pure noi possiamo commetterle. Non si capisce poi in base a quale graduatoria Casapound dovrebbe essere l'ultimo centro sociale in Italia ad essere sgomberato.