Intervista. Carlomagno: «In 15 anni si sono fatti solo tagli, subito 5mila assunzioni»
«Non è una spada di Damocle di cui non si sa nulla. In diverse occasioni, abbiamo denunciato che il ministero dell’Interno non ha ancora definito un programma di assunzioni di personale civile numericamente sufficiente ad assicurare un accettabile funzionamento delle sue articolazioni periferiche, cioè prefetture e questure. Non si rischiano solo intoppi nella gestione delle richieste del nuovo decreto flussi, ma in generale nella gestione del quotidiano». Marco Carlomagno è segretario generale della Federazione lavoratori pubblici e funzioni pubbliche.
Di chi è la colpa di questo calo del personale?
Diciamo che è un concorso di colpe. La mancanza di personale è attribuibile ai blocchi delle assunzioni, disposti in ossequio alla spending review dai governi che si sono succeduti negli ultimi 15 anni. A ciò si è aggiunto il flusso di pensionamenti, per cui non è stato previsto un adeguato turn over. Con un aspetto beffardo...
Quale?
A fronte del calo dell’organico, non sono diminuite competenze e incombenze. Anzi, sono aumentate.
Qualche esempio?
Per restare sul tema, le prefetture e gli sportelli unici per l’Immigrazione delle questure hanno avuto un incremento di incombenze, per qualità e quantità, nella gestione dei flussi migratori regolari e nell’assistenza ai migranti irregolari.
E come si è rimediato?
Il fenomeno finora è stato gestito con criteri emergenziali. Il personale a disposizione è inadeguato nei numeri e sia la Polizia che il dipartimento Libertà Civili e Immigrazione del ministero dell’Interno hanno più volte utilizzato, e lo stanno facendo tuttora, lavoratori in affitto somministrati dalle agenzie per il lavoro interinale. Nel frattempo, la mole di lavoro continua a crescere.
Perché?
Nelle Prefetture, le attività connesse alla gestione dei fondi del Pnrr stanno richiedendo un notevole impegno. Ma una parte consistente dei 400 funzionari amministrativi, che erano stati recentemente assunti proprio per tali esigenze, non ha preso servizio. Anzi, diversi stanno presentando le dimissioni perché nel frattempo hanno trovato lavoro altrove. Insomma, dal nostro osservatorio constatiamo che la maggior parte delle prefetture e questure sta avendo,proprio a causa della mancanza di personale, problemi a far funzionare la maggior parte degli uffici. Tanto che si ricorre a soluzioni tampone...
Di quale genere?
Abbiamo appreso che alcuni prefetti e questori si sono avvalsi di collaborazioni, a titolo gratuito, da parte di singoli ed enti di pensionati, ovvero di personale estraneo all’amministrazione - ex poliziotti e carabinieri, aderenti ad associazioni varie, eccetera -, adibiti ad attività istituzionali senza avere alcun titolo e talvolta la necessaria preparazione giuridica e professionale. Situazioni che nascono, in definitiva, dalla “madre di tutti i problemi”.
Cioè?
Vent’anni fa la dotazione organica del personale civile contrattualizzato del ministero dell’Interno era di oltre 25mila unità. Taglio dopo taglio, governo dopo governo, è scesa di oltre 7mila addetti. Ma il daffare è rimasto. E per supplire oggi circa 12mila poliziotti vengono indebitamente impiegati all’interno di uffici amministrativi e contabili delle questure, benché non debbano starci, a norma dell’articolo 36 della legge 121 del 1981.
Cosa servirebbe per alleggerire di quei compiti i 12mila agenti e riassegnarli a mansioni di ordine pubblico e sicurezza?
In prospettiva, sarebbe opportuno riportare a 25mila la pianta organica dei dipendenti civili dell’Interno. Nel frattempo, secondo i nostri calcoli, si potrebbe incrementare gli uffici centrali e periferici del Dipartimento di Pubblica sicurezza con 5mila impiegati civili, che adeguatamente formati garantirebbero più efficienza rispetto ai 12mila poliziotti “parcheggiati” negli uffici.
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