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La storia. Il commissario Carlo: il «cacciatore di scafisti» che non serve più

Sara Lucaroni giovedì 13 dicembre 2018

Chiude il gruppo interforze di contrasto all'immigrazione clandestina: coinvolgeva 4 magistrati e 6 professionisti di Polizia, Marina militare, Guardia di finanza, Forestale, Carabinieri e Polizia municipale e poteva estendere le sue indagini addirittura oltre confine, interfacciandosi costantemente con l’Interpol – ha prodotto numeri importanti: gestione di 1.084 sbarchi, assistenza e raccolta dati di 128.569 migranti, sequestro di 219 imbarcazioni, arresto di 1.051 persone.

È stata la sua squadra a prendere i tre scafisti egiziani che nel 2015 gettarono in mare l’insulina che avrebbe salvato Raghad, bambina siriana di 11 anni malata di diabete morta dopo 5 giorni di traversata e una lunga notte di agonia sul barcone. Il commissario Carlo Parini guidava il 'Gicic', il Gruppo Interforze di contrasto all'immigrazione clandestina, un team unico in Italia creato nel 2006 dalla Procura della Repubblica di Siracusa, e il padre di Raghad gli aveva raccontato dello zaino strappato dalle mani della moglie e della straziante decisione di «adagiare sull’acqua» il corpo senza vita della piccola. Ma dal 30 novembre il Gicic non esiste più e in questi giorni negli uffici l’unica attività è riempire gli scatoloni di carte e documenti.

«Il porto di Augusta non è più un hub e un nucleo interforze dedicato non ha più motivo di esistere», ha spiegato il neo-procuratore di Siracusa, che dovra anche decidere la destinazione del patrimonio investigativo accumulato. «Non ci aspettavamo questa chiusura – commenta Parini – ma dobbiamo rispettare le direttive. Noi inutili? Ci sono periodi in cui gli arrivi sono pochi, come è successo in passato, però il fenomeno non si fermerà mai: ci sono stati due sbarchi di migranti iracheni anche nella notte tra il 7 e l’8 dicembre scorso, uno a Crotone e uno in Puglia».

Il modello investigativo del team – che coinvolgeva 4 magistrati e 6 professionisti di Polizia, Marina militare, Guardia di finanza, Forestale, Carabinieri e Polizia municipale e poteva estendere le sue indagini addirittura oltre confine, interfacciandosi costantemente con l’Interpol – ha prodotto numeri importanti: gestione di 1.084 sbarchi, assistenza e raccolta dati di 128.569 migranti, sequestro di 219 imbarcazioni, arresto di 1.051 persone.

Ma non sono solo nude cifre: sono storie, uomini. 750 mila quelli che Parini (tra i massimi esperti del fenomeno migratorio in Italia) ha visto sbarcare dagli anni ’90: prima di Mare Nostrum, di Frontex, delle navi umanitarie... «Il nostro lavoro andava oltre. Tutelare la dignità umana è il principio che ci ha guidato nei 12 anni di attività. Ricordo una ragazzina di Aleppo; portava un poncho che non si voleva mai togliere: scoprimmo poi che aveva perso una mano. La seguiva un libico, a cui era stata promessa. Vedevo il suo disagio, lei si confidò e la feci trasferire in un istituto per ragazze sole. È cresciuta in Sicilia, ha studiato, si è sposata. Mi ha fatto avere un ricamo fatto da lei: era la scritta 'Love'».

Nel bilancio ci sono anche 161 cadaveri: «Abbiamo aperto spesso pagine social per trovare i parenti, in modo che le famiglie avessero notizia dell’accaduto. I migranti che arrivano morti sono una sconfitta per noi e per l’umanità».

Il Gicic negli ultimi anni si era specializzato nella rotta greco-turca, in cui i trafficanti utilizzano barche a vela: più sicure, ospitano da 35 a 70 persone che sborsano 5.000 euro ciascuna; un giro notevole, gestito da organizzazioni criminali turche sulle coste tra Smirne e la provincia di Çanakkale. «Una rotta molto battuta, con ogni tempo. Gli scafisti sono russi, georgiani, ucraini; guadagnano 3.000 euro a viaggio», spiega Parini. Il 'cacciatore di scafisti' – titolo con cui è ormai famoso – ridimensiona l’appellativo e spiega che la regola della squadra era 'dare una chance a tutti': anche molti dei contrabbandieri sono disperati quanto chi trasportano e, coinvolti, hanno collaborato e permesso grandi risultati investigativi. « Adesso rientrerò nella Polizia di frontiera da cui provengo. Ma metto la mia esperienza a disposizione e sono disponibile a ricominciare altrove» .