Attualità

LA CRISI COME CI SFIDA. Libere. Di non abortire

Antonella Mariani giovedì 4 febbraio 2010
Rinunciare a un figlio perché si pensa di non farcela economicamente. E’ ingiusto e fa a pugni con quella “tutela sociale della maternità” sbandierata fin nel titolo della legge 194. “L’ha messa nel titolo, certo, ma per mascherare meglio il suo reale contenuto, che è quello di permettere l’aborto”. Carlo Casini misura le parole ma non nasconde l’indignazione che da trent’anni prova a parlare di vite spezzate prima ancora di nascere. “E difatti nell’articolo 4, quello in cui si elencano le motivazioni che possono indurre la donna a chiedere l’aborto entro 90 giorni, c’è tutto, anche le difficoltà economiche”, continua Casini. Dunque, nessuna reale tutela? No. La legge 194 ha come unica bussola l’autodeterminazione della donna. Noi invece diciamo che per essere libera la donna deve essere liberata dalla necessità di abortire. Purtroppo nella realtà l’attuazione della legge rende la scelta abortiva indipendente da qualsiasi causa. Lo dicevo prima: nell’articolo 4 ci sono anche le difficoltà economiche, sociali e familiari. È una formulazione così ampia ed equivoca che la tutela della maternità, appunto, rimane solo nel titolo. E così passa il messaggio sociale che il figlio è prima di tutto un costo. I vostri Cav, per contro, offrono aiuto, vicinanza, accompagnamento. Un’opera solitaria. E quanto efficace? Noi interveniamo modestamente con il Progetto Gemma, offriamo 160 euro al mese per 18 mesi. Sappiamo che è solo una carezza economica, ma dimostra che un alleggerimento delle problematiche economiche può salvare una vita umana. Sono 15 mila i bambini salvati da Progetto Gemma fino a oggi. Però vorrei dire un’altra cosa.Prego, onorevole Casini. Non bisogna credere che il non volere un figlio sia causato solo dalla difficoltà economica. Tutti conosciamo famiglie in situazioni di disagio che accolgono la vita con entusiasmo. Al di là della problematica economica, c’è un altro condizionamento che spinge la donna a interrompere la gravidanza: è la perdita di senso morale, il non riconoscere il concepito come figlio, il non sentirsi sostenuta psicologicamente dalla società e dalla famiglia, l’essere condannata alla solitudine di fronte a un figlio che arriva a sorpresa. La prima cosa da fare è restituire il coraggio dell’accoglienza alla donna, alla famiglia e alla società, che certo, deve trovare anche i mezzi materiali per sostenere la donna. Infatti la legge 194 prevede che alla gestante in difficoltà economiche siano offerti degli aiuti. Ma esistono, questi aiuti? Beh, esistono enti locali che predispongono aiuti economici. Il problema è che vengono affidati alla buona volontà di questo e quell’assessore, in assenza di una legge o di linee guida nazionali. Ma ripeto, non è solo una questione di soldi. Se si riconoscesse che il bambino è bambino fin dal concepimento, se si ammettesse che accanto alla sofferenza della donna c’è un’altra vittima primaria - il figlio, un essere umano uguale a noi – la società mobiliterebbe risorse per ridurre la “necessità” di abortire e la donna troverebbe il coraggio di superare le difficoltà anche quando esse appaiono gravissime.In Italia si registra una diminuzione progressiva degli aborti, anche nella fascia di età adolescenziale, in controtendenza a quanto avviene altrove in Europa. Pensa che questa specificità reggerà all’introduzione della Ru486? È vero che gli aborti in Italia sono in calo, ma bisognerebbe prendere in considerazione da una parte quelli illegali e dall’altra quelli prodotti dalla pillola del giorno dopo. In Italia ogni anno se ne vendono 300 mila confezioni; se anche consideriamo che solo in un terzo dei casi il concepimento era effettivamente avvenuto, sono sempre 100 mila aborti che non vengono registrati. Ma io voglio essere ottimista e voglio credere che gli aborti sono effettivamente diminuiti e voglio chiedermi perché ciò avviene.Bella domanda. Perché? Credo che se sono diminuiti non è certo in virtù della legge, come dicono i suoi sostenitori, ma di un movimento che in Italia si è mosso in modo sempre più forte. La voce del Papa, i messaggi dei vescovi in occasione della Giornata per la vita, secondo lei non contano proprio nulla? Noi conosciamo moltissime donne che hanno rinunciato ad abortire perché hanno sentito parole di speranza e di incoraggiamento. Del resto i nostri Cav abbiamo salvato 100 mila bambini e ovviamente questo numero è sottratto alle statistiche sull’aborto. Voglio credere, dunque, che gli aborti siano diminuiti per effetto del messaggio cristiano e dell’aiuto concreto che anche il Movimento per la vita offre alle donne.Torniamo alla Ru486. Ormai è stata introdotta, quindi tra poco se ne farà uso negli ospedali. Che impatto avrà? Ciò che mi turba della Ru486 è che essa produca l’idea che ci si può liberare di un figlio bevendo un bicchier d’acqua. E’ un pensiero che cancella il figlio; come facciamo a difendere la vita se essa non viene nemmeno riconosciuta e nemmeno nominata, se il figlio viene ridotto a un nulla cancellabile con un bicchiere d’acqua? Oggi in Italia fortunatamente non è ancora così, perché l’aborto chimico non è ancora procedura di massa, ma lo sforzo che intravvedo in tanta parte della società è di arrivare proprio a questo.