Attualità

Coronavirus. Diocesi di Milano: aiuti a tutto campo per non lasciare indietro nessuno

Lorenzo Rosoli, Milano lunedì 20 aprile 2020

Milano: piazza Duomo deserta. L'emergenza chiama a nuove solidarietà

«La misericordia non abbandona chi rimane indietro. Ora, mentre pensiamo a una lenta e faticosa ripresa dalla pandemia, si insinua proprio questo pericolo: dimenticare chi è rimasto indietro. Il rischio è che ci colpisca un virus ancora peggiore, quello dell’egoismo indifferente». Lo ha denunciato papa Francesco celebrando, domenica 19 aprile, la Messa nella Domenica della Divina Misericordia.
Non lasciare indietro nessuno, dunque. È precisamente questa la bussola che guida la navigazione di Caritas Ambrosiana, nella tempesta della grave crisi sociale scatenata dall’epidemia di Covid–19 e nella promozione di percorsi di maggiore inclusione e giustizia per il futuro. Ed è per rispondere, nell'emergenza, alle necessità delle famiglie che non riescono più ad arrivare a fine mese, che la Caritas raddoppia le risorse del «Fondo diocesano di assistenza». Il quale, grazie a questo intervento, per i prossimi tre mesi potrà disporre di 700mila euro. Un’iniziativa rivolta a quanti, ad esempio, non possono essere aiutati con il Fondo San Giuseppe, istituito, invece, per quanti hanno perso lavoro e reddito a causa dell’emergenza coronavirus.
Fino a 2.500 euro mensili a famiglia. Attraverso i centri d’ascolto parrocchiali le risorse del «Fondo diocesano di assistenza» saranno distribuite alle famiglie che – a causa del lockdown – non riescono più a far fronte a incombenze ordinarie come l’affitto o le bollette della luce e del gas. «Per accedere a tali risorse – spiega un comunicato di Caritas Ambrosiana – si dovrà prendere contatto con il centro d’ascolto della propria parrocchia e presentare la situazione di difficoltà a sostenere spese urgenti e non procrastinabili. Le domande saranno valutate dai volontari dei centri di ascolto e inviate al Siloe (Servizio di integrazione lavorativa) che erogherà i contributi fino a un massimo di 2.500 euro a famiglia».
Per chi non ce la fa più. Voluto oltre vent’anni fa dalla diocesi di Milano, detto anche «Fondo della Carità dell’Arcivescovo», il Fondo di assistenza dà sostegno a situazioni di particolare fragilità con contributi a fondo perduto erogati alle famiglie attraverso le parrocchie. «In questa situazione di grave emergenza sociale dovuta alle misure di contenimento dell’epidemia – riprende il comunicato – Caritas Ambrosiana ha voluto incrementarlo con una cifra equivalente alla quota dell’8 per mille che la Conferenza episcopale italiana ha destinato alla diocesi di Milano per l’emergenza Covid–19. La cifra, che in questo modo arriva a 700mila euro, coprirà le richieste di aiuto del prossimo trimestre».
Le radici profonde della solidarietà. Il «Fondo diocesano di assistenza» ha, dunque, una storia lunga alle spalle. Come ce l’ha il Fondo San Giuseppe istituito dalla diocesi con la collaborazione del Comune di Milano, annunciato lo scorso 21 marzo dall’arcivescovo Mario Delpini e dal sindaco Giuseppe Sala e destinato a chi ha perso il lavoro a causa dell’emergenza Covid–19. A rendere operativo il neonato Fondo San Giuseppe, la rete sul territorio, l’esperienza e le competenze maturate grazie al Fondo Famiglia Lavoro, voluto – e annunciato nel Natale del 2008 – dall’allora arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi, per affrontare le conseguenze sociali della grave crisi economica scatenatasi allora. Uno strumento che i suoi successori, il cardinale Angelo Scola e l’arcivescovo Delpini, hanno rilanciato e rinnovato, fino alla sua ultima configurazione quale «Fondo Diamo Lavoro». E che ora si offre come risorsa preziosa nell'emergenza Covid-19.
Contributi economici e aiuti alimentari. «Il Fondo diocesano di assistenza e il Fondo San Giuseppe sono due interventi complementari – spiega il direttore di Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti –. Potenziando il Fondo di assistenza contiamo di raggiungere anche quelle famiglie che non potranno beneficiare del Fondo San Giuseppe. In questo modo mettiamo in campo una serie di strumenti per non lasciare indietro nessuno». Strumenti che non si fermano agli aiuti economici. C’è anche l’aiuto alimentare assicurato dagli otto «empori della solidarietà» attivi in diocesi e, ricordano in Caritas, «dalla distribuzione di pacchi viveri che avviene, nel territorio, grazie a 126 punti di diffusione presso i centri di ascolto parrocchiali e, a Milano città, grazie agli otto hub municipali del Comune di Milano con il quale i volontari delle Caritas parrocchiali collaborano».

CON I LAVORATORI «FRAGILI», PRIME VITTIME DELLA CRISI
L.D, italiana, divorziata, due figli a carico. Lavora per una cooperativa che offre servizi di pulizia alle filiali di alcune banche. A causa dell’emergenza Covid–19 il lavoro è calato. E le sue entrate non bastano più ad affrontare le necessità familiari. Anche il giovane M. è italiano. Lavorava come commesso in un negozio nel centro commerciale di CityLife. Il contratto a termine non gli è stato rinnovato. La sua compagna, intanto, non riesce a trovare lavoro. La coppia vive a Milano, in una casa popolare. Ecco i profili di due nuclei beneficiari del Fondo San Giuseppe, istituito dalla diocesi di Milano per aiutare quanti hanno perso lavoro e/o reddito a causa dell’emergenza coronavirus. Una emergenza dal drammatico impatto sociale, economico e occupazionale. Che costringe tante famiglie a stringere la cinghia. Che colpisce, senza distinzioni, italiani e stranieri. E che si accanisce sui lavoratori meno tutelati e sulle fasce più deboli della popolazione. Come mostra la vicenda di un’altra famiglia sostenuta dallo stesso Fondo: quella di H. H., egiziano, 43 anni.
Arrivato in Italia molti anni fa, è sempre riuscito a provvedere alla moglie e ai tre figli. Finché la crisi economica non gli ha fatto perdere il lavoro. Così ha chiesto aiuto in parrocchia. La moglie nel frattempo ha trovato impiego come colf: ma la famiglia è rimasta in una situazione di difficoltà, trovando sollievo nell’aiuto fornito dalla Caritas sotto forma di pacchi viveri, abiti, medicine, accesso all’emporio solidale. Tutto è precipitato con l’esplodere dell’emergenza Covid–19: all’uomo, che aveva da poco ritrovato lavoro in una cooperativa di servizi, non è stato rinnovato il contratto a tempo determinato (com’era invece nelle intenzioni della coop). La donna, a sua volta, non è più stata chiamata a svolgere lavori domestici dalle famiglie presso le quali prestava servizio. Ma non è rimasta con le mani in mano: ha preso a seguire un corso online per operatrice socio–sanitaria, nella speranza di trovare un nuovo impiego. E di avere una nuova professionalità da spendere quando si ripartirà.
Il Fondo San Giuseppe dà un aiuto immediato a chi ha perso il lavoro. E offre una risposta concreta a una sfida urgente e drammatica: impedire che si faccia irreparabile e insostenibile l’impatto sociale dell’emergenza sanitaria. Fin dall’inizio le “antenne” sensibili della diocesi e della Caritas avevano intuito come questa nuova crisi avrebbe colpito, anzitutto, i lavoratori più fragili e precari e le loro famiglie, rischiando di compromettere faticosi percorsi di emersione dalla povertà. Così sta accadendo. A questa deriva la Chiesa ambrosiana reagisce con strumenti “antichi”, come il Fondo di assistenza, e nuovi, come il Fondo San Giuseppe.

PASQUA DI SPERANZA PER LE PRIME TRENTA FAMIGLIE
Sono trenta le domande d’aiuto al Fondo San Giuseppe approvate dal Consiglio di gestione prima di Pasqua. Si è aperta così la fase delle erogazioni, che ha visto alcune famiglie ricevere il contributo economico già per Pasqua o nei giorni appena successivi. Sempre alla scorsa settimana risale l’ultimo dato sulle domande pervenute al Fondo: 126, delle quali 29 raccolte ai centri d’ascolto e 97 presentate sul sito www.fondofamiglialavoro.it. Nato per aiutare quanti hanno perso il lavoro a causa dell’emergenza Covid–19, il Fondo è partito con 4 milioni di euro, 2 stanziati dalla diocesi, 2 dal Comune di Milano. Una “dote” che ha superato i 5 milioni – anche questa cifra risale alla vigilia di Pasqua – grazie alle donazioni di fedeli e cittadini. Persone e famiglie beneficiarie riceveranno una cifra mensile variabile fra i 400 e gli 800 euro (in base al numero dei componenti del nucleo) che potrà arrivare direttamente sul conto corrente o potrà essere consegnata, tramite assegno, dal parroco. Il sostegno sarà garantito per tre mesi, rinnovabili in caso di necessità per altri due.
«Ci sarebbe piaciuto festeggiare la Pasqua celebrando tutti insieme la Messa. Avrebbe significato il ritorno alla normalità. Così non è stato. L’emergenza continua. Ma con questo gesto – afferma monsignor Luca Bressan, vicario episcopale e presidente di Caritas Ambrosiana – vogliamo dare un segnale concreto di speranza a chi si trova più in difficoltà. Da questo tunnel in cui siamo finiti non c’è altra via d’uscita possibile che la solidarietà».