Attualità

Inchiesta. Emergenza carceri, partiti alla prova

Danilo Paolini giovedì 16 gennaio 2014
Di certo, per ora, c’è soltanto il sovraffollamento ormai cronico delle nostre prigioni e la data entro la quale l’Italia dovrà compiere una missione che, allo stato, sembra ancora impossibile. La Corte europea per i diritti dell’uomo, infatti, ci ha dato tempo fino al 28 maggio per rendere dignitosa la permanenza in cella dei detenuti. In caso contrario, la stessa Corte accoglierà tutti i ricorsi per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea (che, detto per inciso, riguarda la «proibizione della tortura» e sotto questa voce include anche i trattamenti degradanti dovuti al sovraffollamento penitenziario) analoghi a quello che ha condotto alla sentenza pilota: "Torreggiani più sei contro l’Italia".Quella causa è infatti già stata vinta dai sette, reclusi per mesi negli istituti di Piacenza e Busto Arsizio in celle triple con a disposizione meno di quattro metri quadrati a persona: il risarcimento complessivo è stato fissato in circa 100mila euro. Se le cose non cambiano, altre centinaia di ricorsi varcheranno le Alpi con ottime probabilità di essere accolti. Sarebbe un ulteriore passivo per le casse dello Stato, nonché un nuovo danno d’immagine per le nostre istituzioni.Sono i pericoli ai quali si va incontro quando si tengono oltre 62mila persone in 206 strutture che ne potrebbero ospitare al massimo 48mila. Di questa vergogna nazionale ha parlato più volte (e da anni) il presidente della Repubblica, osservando che la «mortificante sentenza» dei giudici europei ha messo «in gioco il prestigio e l’onore dell’Italia». Concetti rimarcati da Napolitano anche con uno degli strumenti che la Costituzione mette a disposizione del capo dello Stato, il messaggio alle Camere. Un messaggio stringente, quello datato 8 ottobre 2013, nel quale il presidente, ricordando la scadenza inderogabile di fine maggio, elencava una serie di possibili soluzioni: «Innovazioni di carattere strutturale» come le pene alternative al carcere; aumento della «capienza complessiva degli istituti penitenziari» con il recupero di spazi oggi in disuso per vari motivi; eventuali «rimedi straordinari» come l’indulto e l’amnistia.Da quel giorno sono ormai trascorsi più di tre mesi e nessuna delle due Camere ha ritenuto di mettere all’ordine del giorno un dibattito sul messaggio del Quirinale. In compenso, alcune delle indicazioni presidenziali sono state recepite in provvedimenti varati dal governo o d’iniziativa parlamentare.È il caso del "decreto Cancellieri", che aumenta da 45 a 75 giorni l’"abbuono" di detenzione per ogni 6 mesi di pena scontata a partire dal 2010. Per il momento, secondo il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, il numero dei detenuti sta scendendo in media di 200 a settimana, ma nel frattempo i Tribunali di sorveglianza lamentano di essere già sommersi di richieste che non riescono a esaminare. Il provvedimento inoltre, derubricando i reati legati al piccolo spaccio, prevede l’affidamento terapeutico per i tossicodipendenti e l’espulsione dei condannati extracomunitari. Altri testi in itinere sono la riforma della custodia cautelare (già approvata dalla Camera, ora in attesa del voto del Senato) e la messa alla prova (che sta facendo il medesimo percorso), istituto già sperimentato con buoni risultati nel processo penale minorile.Qualcuno resta però convinto che l’unico modo per disgorgare nei tempi consentiti il circuito carcerario è l’amnistia, magari accompagnata da un indulto che eliminerebbe preventivamente altre condanne al carcere e, in più, alleggerirebbe il lavoro dei tribunali. Ma con quattro mesi a disposizione, con il segretario del Pd Renzi contrario e con il Parlamento diviso, questa sembra ormai un’ipotesi di scuola.