I numeri dicono tutto quel che c’è da dire. In questo preciso istante sono in carcere quasi 64mila detenuti. Non solo è stata sforata la capienza regolamentare (poco più di 43mila posti-letto), ma anche - seppur di poche unità - quella “tollerabile”, che indica il punto di massimo stress a cui possono essere sottoposte persone e strutture. Come se non bastasse, la situazione peggiorerà entro la fine dell’anno, quando si prevede di sfondare la soglia dei 70mila. Addirittura, in assenza di interventi immediati e organici, si stima, in tre anni, un salto verso le 150-200mila unità. Dati a dir poco preoccupanti, che Avvenire fornisce da giorni. Ieri sono stati rilanciati in un’unanime grido d’allarme da penalisti, sindacati e associazioni umanitarie. Fianco a fianco, a palazzo Grazioli, si sono seduti l’Unione camere penali, Sappe e Andap in rappresentanza di chi lavora nei penitenziari, l’associazione Antigone e il Garante dei detenuti del Lazio a esprimere le esigenze di chi sta in cella. Insieme, hanno deciso che è arrivato il momento di fare pressing sul governo: «Così non si può andare avanti. Vogliamo incontrare il ministro Alfano subito». In tasca hanno una lunga lista di proposte, anch’esse anticipate in più battute su questo giornale: tra tutte, si chiede di «riaprire il dibattito» sulle misure alternative alla detenzione (su cui c’è stata una stretta nel 2008, dicono i penalisti) e di limitare l’uso della custodia cautelare in carcere (oggi - sono ancora gli avvocati a parlare - le persone in attesa di giudizio sono più delle metà dei carcerati). Il piano- Ionta, invece, che prevede la realizzazione di nuovi edifici e ampliamenti a quelli esistenti, non soddisfa gli addetti ai lavori: arriverà troppo tardi, dicono, mentre gli interventi servono subito. Inoltre, le organizzazioni si chiedono perché non abbia ancora fatto il suo ingresso in Consiglio dei ministri. Convincono di più le aperture dell’esecutivo sui rimpatri dei carcerati stranieri, una eventuale stretta sulle espulsioni dei condannati e le proposte della consulta Giustizia del Pdl (in particolare l’utilizzo di militari per la sorveglianza esterna). «La situazione è inaccettabile, drammatica, e non è governata dalla po- litica», attacca Roberto D’Errico, responsabile dell’osservatorio sul carcere dei penalisti. Gli avvocati ne hanno per tutti: «L’opposizione è silenziosa e per certi versi complice. La magistratura si adagia. Dobbiamo protestare». I penalisti ricordano anche recenti condanne a Strasburgo per le condizioni detentive, e criticano le norme sulla sicurezza e sui clandestini, che aumenterebbero la carcerizzazione. Le proiezioni per il futuro (70mila detenuti per il 2009, sino a 200mila per il 2012) le fornisce invece Donato Capece, segretario generale del Sappe, il sindacato delle guardie penitenziarie. A fronte di questa escalation, ricorda, «abbiamo 5.500 uomini in meno rispetto al 2001». Non è un caso che il comunicato congiunto delle associazioni contenga, tra le proposte, anche «l’aumento di organico» della polizia carceraria. Una misura ancora più necessaria, dicono le guardie, se davvero il governo si metterà a costruire altri padiglioni e istituti. Il più netto sulla “via edile” scelta dall’esecutivo è Patrizio Gonnella, leader di Antigone: «È un bluff. Creiamo piuttosto liste per l’ingresso nei penitenziari». Altra proposta è quella di assumere nuovo personale educativo, «necessario per il recupero del detenuto». Intanto, anche ieri segnalate aggressioni e liti nei penitenziari di Benevento, Torino e Lecce.
Il sovraffollamento negli istituti di pena ha raggiunto cifre da record: al 20 luglio i detenuti presenti erano 63.661 a fronte di una capienza regolamentare di 43mila posti e di una capienza “tollerabile” di 64.111 unità.