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Intervista. Capotosti: basta liti politiche, serve colpo d'ala

Giovanni Grasso sabato 26 luglio 2014
«Siamo di fronte a un vasto cambiamento della seconda parte della Costituzione, il più profondo mai effettuato nella storia repubblicana. Mi sarei augurato, da parte di tutti, uno spirito costituente. Rimango invece sconcertato di fronte al muro contro muro». Piero Alberto Capotosti, presidente emerito della Corte Costituzionale, scuote la testa. E spiega: «Qui si sta litigando come se si trattasse di un provvedimento economico del governo, di una normale dialettica tra maggioranza e opposizione. Invece si tratta della Carta Costituzionale: il dibattito dovrebbe andare oltre gli schieramenti politici e le polemiche contingenti».Che cos’è che non va professore?Tante cose. Ma mi sembra che in generale si possa dire che sta mancando la Politica, quella con la "P" maiuscola. Stiamo modificando la Costituzione, in profondità. Non è una cosa qualsiasi. E allora rimango stupito quando sento parlare, da una parte, di ghigliottine, tagliole, contingentamento dei tempi. E ugualmente quando vedo presentare, dall’altra parte, 8000 emendamenti, chiaramente pretestuosi, con il solo fine di impantanare la riforma.Le opposizioni si sono rivolte al capo dello Stato per protestare...Anche qui siamo di fronte a una forzatura. Che sono andati a fare davanti al Quirinale? Il capo dello Stato non può e non deve interferire con il lavoro delle Camere. Le opposizioni, semmai, si dovevano rivolgere al presidente del Senato. Napolitano ha fatto benissimo a non riceverli.Ma insomma dal muro contro muro come se ne esce?Bisognerebbe recuperare da una parte e dall’altra se non uno spirito costituente almeno un filo di ragionevolezza. Io credo che una personalità forte ed autorevole, come il presidente del Senato Piero Grasso, dovrebbe utilizzare tutto il suo prestigio per far arrivare a una mediazione.E in che cosa potrebbe consistere?Le opposizioni dovrebbero concentrare i propri emendamenti, opportunamente sfrondati, su una decina di questioni veramente fondamentali, abbandonando l’inutile ostruzionismo. E, dall’altra parte, si dovrebbe rinunciare a qualsiasi diktat sui tempi. Non è un dramma se la riforma si approva a settembre. Ricordo che la riforma del Titolo V fu approvata a maggioranza, di corsa, alla fine della legislatura: e i risultati non furono particolarmente brillanti, tanto che oggi viene ancora modificato. Lo stesso accadde con la grande riforma costituzionale del centrodestra, votata in fretta e furia a maggioranza e bocciata poi dagli elettori nel referendum. Oggi per di più non siamo nemmeno alla fine della legislatura...Renzi dice che comunque alla fine ci sarà il referendum confermativo, per cui decideranno gli elettori. L’articolo 138 della Costituzione è stato concepito dai Costituenti come strumento per apportare aggiornamenti e modifiche della Carta stessa. La ratio di quell’articolo è di provare a cercare in Parlamento una maggioranza, la Carta parla di 2/3, la più ampia possibile, che vada comunque al di là della maggioranza che sostiene il governo. Se questi 2/3 non dovessero essere raggiunti, e la riforma viene approvata con almeno la maggioranza assoluta, allora un certo numero di parlamentari o cinque regioni o un certo numero di cittadini può chiedere di indire il referendum popolare di conferma. Non si tratta, come si vede, di una concessione graziosa, ma di un iter previsto dalla stessa Costituzione.C’è stata una forte polemica sul voto segreto...Il voto segreto è stato già regolamentato in modo radicale nel 1988. Io credo che in alcuni ambiti, come quelli delle riforme costituzionali, vada mantenuto. Del resto, anche alla Costituente alcune parti, per esempio quelle riguardanti l’indissolubilità del matrimonio, furono votate a scrutinio segreto. Credo che le decisioni di Grasso siano state giuste. Il discorso è sempre lo stesso: si sta riformando la Costituzione, non si può ridurre tutto a una lite sul regolamento. Ci sarebbe bisogno di un vero colpo d’ala e al più presto: altrimenti il rischio è di una ulteriore lacerazione del tessuto politico-istituzionale del Paese.