Attualità

Caporalato. Braccianti maltrattati nel Casertano, si indaga sugli imprenditori

Antonio Maria Mira venerdì 16 febbraio 2024

Piegati a raccogliere pomodoro, “l’oro rosso” delle campagne casertane

Costretti a lavorare undici ore al giorno, per tutta la settimana, picchiati con la cinghia se per la fatica si sedevano un attimo o lasciati senza cure dopo un malore. Così lavoravano “in avvilenti condizioni”, dieci braccianti immigrati, veri e propri schiavi della terra, senza diritti, scoperti dai carabinieri dai carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Caserta. Indagati quattro imprenditori agricoli di Marano di Napoli ma coi terreni nei comuni di Cellole e Sessa Aurunca, nel Casertano. Al termine dell’inchiesta della procura di Santa Maria Capua Vetere, guidata dal procuratore Pierpaolo Bruni, il gip ha emesso un’ordinanza con la quale si applica la misura cautelare del divieto di dimora nella provincia. Ma i prossimi passi potrebbero essere l’amministrazione giudiziaria delle aziende agricole, come previsto dalla “legge anticaporalato” 199 del 2016, anche per tutelare il lavoro dei braccianti e la loro regolarizzazione come vittime di sfruttamento. Perché tali erano, come ci tengono a sottolineare in Procura, assicurando la massima attenzione su questi reati che colpiscono persone deboli.

Infatti, i dieci lavoratori “erano sottoposti dai datori di lavoro a patire gravose e avvilenti condizioni di impiego“, non solo privi del permesso di soggiorno ma anche di un regolare contratto di assunzione, totalmente in nero. Fino a undici ore al giorno piegati a raccogliere pomodoro, “l’oro rosso” delle campagne casertane, ma rosso anche di sofferenze. La procura, infatti, parla di “efferatezza delle violenze fisiche”. Cita così i colpi di cinghia di uno degli imprenditori contro i braccianti che per la fatica “osavano” sedersi per riposare. Oppure il caso di un lavoratore che, dopo aver avuto un malore, anziché essere trasportato in ospedale, era stato riaccompagnato a casa senza ricevere cure mediche. Il tutto con paghe che oscillavano tra i 30 e i 40 euro al giorno, lavorando tutta la settimana. Uno sfruttamento che è stato raccontato dagli stessi lavoratori.

Le indagini hanno avuto inizio grazie all’attività di vigilanza straordinaria della task-force del progetto Su.Pr.Eme. Così sono stati individuati i dieci lavoratori sfruttati. “Un quadro estremamente grave e disumano - lo definisce Tammaro Della Corte, segretario provinciale della Flai-Cgil -. Non sono tollerabili tali atteggiamenti di umiliazione e sopraffazione nei confronti di chi lavora. Condizioni indegne che assumono un contorno ancora più grave perché i lavoratori sono ulteriormente fragili e ricattabili in quanto non dotati di permessi di soggiorno”. Per questo, aggiunge il sindacalista, “bisogna attuare nella sua pienezza la legge 199 che prevede non solo misure repressive contro chi sfrutta, ma anche misure preventive per, un mercato del lavoro agricolo diverso fatto di domanda e offerta che si incontrarono in trasparenza, in legalità e diritti”.