Attualità

CALABRIA. Rosarno, maxi-retata contro il caporalato

Domenico Marino martedì 27 aprile 2010
Il coraggio degli extracomunitari è all’origine dell’operazione "Migrantes". Nove persone hanno trovato la forza di parlare dopo la rivolta di gennaio a Rosarno, raccontando ai volontari dell’Organizzazione internazionale per l’immigrazione (Oim) i soprusi e le violenze subite negli anni di lavoro e in quei giorni di guerriglia, sistemando così i primi tasselli investigativi dell’inchiesta sfociata ieri nelle trenta ordinanze di custodia cautelare vergate dal gip di Palmi assieme a sequestri per una decina di milioni di euro. Un blitz imponente, che ha portato in manette i responsabili d’un presunto e redditizio giro di caporalato con base nella Piana di Gioia Tauro, condotto in sinergia da polizia, carabinieri e guardia di Finanza. La collaborazione delle vittime (che hanno ottenuto un permesso di soggiorno per protezione sociale), sfuggite all’omertà che è legge da queste parti, è stata sottolineata ieri mattina in conferenza stampa dal procuratore della Repubblica di Palmi, Giuseppe Creazzo, titolare delle indagini: «Le testimonianze rese dagli extracomunitari vittime delle violenze dello scorso gennaio a Rosarno hanno corroborato i controlli del territorio e le intercettazioni ambientali». Il questore di Reggio Calabria, Carmelo Casabona, ha invece sottolineato come l’operazione di ieri «chiarisce definitivamente che a Rosarno il 7 gennaio scorso e nelle giornate successive non vi fu una esplosione di razzismo, ma una ribellione contro lo sfruttamento da parte degli extracomunitari».Il capo della squadra mobile reggina, Renato Cortese, ha aperto uno squarcio importante sulle indagini, sottolineando che i caporali reggini erano inseriti in una rete molto vasta con riferimenti a Catania e Villa Literno, nel Casertano. Domenica sera, prima che scattassero gli arresti, un carabiniere è stato ferito di striscio alla mano nel corso di tafferugli tra un gruppo di cittadini bulgari e dei rosarnesi. Il colpo che ha ferito il militare è stato esploso da un’arma a aria compressa. I trentuno destinatari dei provvedimenti restrittivi sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere, violazione della legge sul lavoro e truffe nel settore dell’agricoltura. Nove di loro, tutti stranieri, sono finiti in carcere mentre per ventuno il gip di Palmi ha disposto gli arresti domiciliari. Una trentunesima persona è stata sottoposta all’obbligo di dimora. Tre degli extracomunitari finiti in manette sono stati rintracciati nelle province di Caserta, Catania e Siracusa, dove s’erano trasferiti dopo la rivolta. Nelle oltre quattrocento pagine dell’ordinanza vergata dal gip, è cristallizzato il sistema di collocamento illegale della manodopera clandestina destinata anzitutto ai lavori in agricoltura. Oltre ai caporali sono state identificate le aziende agricole che utilizzavano la manodopera straniera sottopagandola: i braccianti stranieri percepivano 22 euro al giorno per lavorare dalle 10 alle 14 ore. I datori di lavoro pagavano 1 euro a cassetta per la raccolta dei mandarini e 50 centesimi per le arance. I caporali, a loro volta, incassavano la somma di 10 euro su ogni lavoratore e 3 euro da ogni immigrato per accompagnarli nei luoghi di lavoro. E chi si ribellava finiva vittima di violenze d’ogni genere. Durante i mesi d’indagine gli investigatori hanno compiuto accertamenti patrimoniali nei confronti degli indagati, individuando beni mobili e immobili (tra l’altro 20 aziende e 200 terreni) considerati frutto delle e pure utilizzati per le attività illecite. Spulciando i libri contabili di aziende e cooperative, i finanzieri hanno appurato anche numerose truffe che sarebbero state consumate nei confronti degli enti previdenziali grazie all’ampia disponibilità di braccianti agricoli.