Attualità

Vite in nero. Caporalato, la piaga dei 430mila

Viviana Daloiso lunedì 25 luglio 2016

La parola d'ordine è mobilitazione. In Parlamento, sul territorio, nelle aziende agricole, tra le associazioni. Perché il caporalato è una piaga di cui non ci si può ricordare soltanto d'estate, quando lo sfruttamento aumenta parallelamente al raccolto di frutta e verdura, o peggio quando si contano vittime. L'ultima è stata l'anno scorso Paola Clemente: 49 anni, 3 figli, morì di fatica mentre raccoglieva uva, a due euro l'ora, sotto il sole rovente della Puglia. Da allora qualcosa è cambiato, ma ancora troppo poco. E a fine giugno in 15mila sono scesi in piazza a Bari per dire basta con le morti e con l'immobilismo delle istituzioni.

LA LEGGE E L'ITER IN PARLAMENTO

Una buona notizia è arrivata proprio settimana scorsa, quando la commissione Agricoltura del Senato ha concluso i lavori sul ddl contro il caporalato. «Siamo pronti per andare in aula dove auspico un rapido iter che permetta l'approvazione del provvedimento prima della pausa estiva», il commento della senatrice del Pd Maria Grazia Gatti, relatrice del testo. Il testo dovrebbe essere discusso dall'assemblea a cominciare da martedì.

Rispetto al testo presentato dal governo, la novità principale riguarda l'introduzione del nuovo  reato di caporalato modificando l'attuale art. 603 e definendolo anche una responsabilità per le imprese che impiegano mano d'opera in condizioni di sfruttamento. In particolare, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque recluta manodopera per destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori e chi utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l'attività di intermediazione di caporali, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.

Cosa si intenda per sfruttamento è lo stesso nuovo articolo del codice penale a spiegarlo: «La reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; la reiterata violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie; la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro; la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza, o a situazioni alloggiative degradanti».

«Molto bene l'approvazione in commissione Agricoltura. Ora serve uno sforzo in più: approvarla in aula entro luglio». Così il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina. «Abbiamo bisogno degli strumenti del provvedimento per rafforzare - continua il ministro Martina - la tutela dei lavoratori, per impedire lo sfruttamento ed estirpare questa piaga inaccettabile. Chi sfrutta deve pagare, perché sulla dignità delle persone non è consentito fare margini economici». «Il nostro lavoro - conclude Martina - va comunque avanti, attraverso l'impegno nei controlli con gli ispettori del ministero del Lavoro affiancati da Carabinieri e Corpo Forestale. Con l'azione coordinata delle prefetture insieme agli operatori del terzo settore nei territori più a rischio per portare assistenza anche sanitaria e gestire l'accoglienza dei lavoratori stagionali immigrati. Abbiamo segnato un cambio di passo, ora serve la legge per avanzare ancora».

L'EMERGENZA IN NUMERI

Secondo i dati Istat sull’economia “non osservata”, l’agricoltura è tra i settori con il più alto tasso di lavoro irregolare. Stando al report più recente dell’Istituto di statistica, nel caso dei lavoratori dipendenti, la percentuale di sommerso è pari al 43%. In realtà, tra campi e frutteti, è ormai appurata la presenza di un esercito di 430mila persone che, stando al terzo rapporto “Agromafie e caporalato” realizzato dall’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai-Cgil e presentato a maggio, rispetto ad appena due anni fa conta su un numero di vittime aumentato tra le 30 e le 50mila unità. Volume economico del business? Per le organizzazioni mafiose e criminali rappresenta un ulteriore fonte di economia illegale che per tutta la filiera agroalimentare è stimata tra i 14 e i 17 miliardi. Mediamente, il salario di questi lavoratori è la metà della retribuzione prevista dai contratti di settore e si attesta tra i 25-30 euro al giorno, per 10-12 ore di lavoro. Circa 2 euro all'ora. Per un totale di 420 milioni di evasione contributiva stimata. 

I controlli non mancano, anzi. Le ispezioni sono cresciute del 59 per cento nell’ultimo anno. E i dati forniti dal ministero del Lavoro sugli interventi ispettivi del 2015 nel comparto agricolo sono piuttosto eloquenti. Le 8.662 ispezioni effettuate nelle imprese hanno fatto registrare un tasso incredibile di irregolarità pari al 56 per cento. Oltre 8,8mila le aziende ispezionate in cui sono stati trovati 6.153 lavoratori irregolari, di cui 3.629 totalmente in nero. Sono 713, invece, i fenomeni di caporalato registrati dalle autorità ispettive.

Un fenomeno che tuttavia non è presente solo in Italia. Sempre secondo il rapporto Flai-Cgil solo in Europa sono 880mila lavoratori e lavoratrici di ogni nazionalità sotto il ricatto del lavoro forzato anche a causa delle normative europee (e mondiali) che hanno liberalizzato il mercato del lavoro con un conseguente abbassamento del controllo di legalità. Dato che si aggiunge invece alla specificità espressa dal settore agricolo che vede circa 3,5 milioni di lavoratori al mondo ridotti in schiavitù per 9 miliardi di profitti stimati.

INTERVENTI E PROGETTI

Proprio nella prima decade di luglio il ministero del Lavoro, quello della Difesa e dell'Agricoltura insieme all'Ispettorato nazionale del lavoro hanno siglato un protocollo di intesa per assicurare una vigilanza "interforze" nel settore agricolo. Il protocollo - che segue quello del 27 maggio fra Lavoro, Interno, Agricoltura, Ispettorato nazionale del lavoro, Regioni, organizzazioni sindacali e datoriali del settore agricolo e volontariato - è di carattere strettamente operativo: assicurerà, attraverso il coinvolgimento dei militari dell'Arma dei Carabinieri e del personale del Corpo Forestale dello Stato, un contrasto ancora più efficace alle più gravi violazioni della disciplina in materia di lavoro e legislazione sociale.

Il protocollo prevede una programmazione di interventi congiunti e lo scambio di reciproche informazioni utili alla adozione di iniziative di presidio del territorio, con particolare riferimento a quelli a maggior rischio di infiltrazioni criminali. Le attività di vigilanza interesseranno in via preliminare, ma non esclusiva, alcune province particolarmente a rischio, fra cui Latina, Grosseto, Foggia, Taranto, Bari e Salerno, ma potranno essere in seguito essere estese a tutto il territorio nazionale. Si è istituito inoltre un tavolo tecnico sull'agricoltura, competente all'attuazione, alla verifica e alla risoluzione delle eventuali criticità relative alla attuazione del protocollo, nonché a fornire indicazioni sulla pianificazione degli interventi ispettivi a livello interregionale e territoriale.

Domani verrà presentato a Taranto invece, sempre alla presenza del ministro del Lavoro Poletti, il progetto per il contrasto al caporalato realizzato dal Movimento cristiano lavoratori e intitolato "Alla luce del sole". Il progetto prevede interventi che, inizialmente, incideranno solo in alcune regioni pilota (Puglia, Campania, Calabria), per poi estendersi, successivamente, all’intero territorio nazionale. Due saranno le direttrici prioritarie su cui si muoverà l’azione del Movimento, che si avvarrà anche del supporto dell’Associazione Lavoratori Stranieri e della Feder.Agri: una capillare azione di informazione ai lavoratori e, accanto, l’elaborazione di buone prassi, anche attraverso la sensibilizzazione della popolazione e delle forze datoriali. Verranno inoltre attivati sportelli sul territorio che avranno un compito fondamentale nel potenziare le attività di tutela e di informazione ai lavoratori per la realizzazione di una campagna informativa e di sensibilizzazione generale.