Attualità

Oggi il governo pone la fiducia. Caos Sanità, è scontro Renzi-Regioni

Marco Iasevoli martedì 28 luglio 2015
«Questi tagli non esistono, sono cose già dentro il decreto legge e firmate in Conferenza Stato-Regioni». L’umore di Matteo Renzi è nero. L’ultimo lunedì di luglio passa nel segno di una polemica, quella sulla Sanità, che Palazzo Chigi definisce «assurda e strumentale» e guidata dalle amministrazioni del Nord targate Lega. L’effetto politico però è immediato: ieri per ben quattro volte al Senato è mancato il numero legale che ha impedito l’esame del dl Enti locali in cui è contenuta la norma della discordia. Al ritardo si provvederà oggi stesso, quando il governo porrà la questione di fiducia sul decreto tirando dritto su tutta la linea, compreso l’intervento da 2,3 miliardi sulle spese della Sanità. Una decisione che è arrivata in serata dopo una giornata di dubbi: per alcune ore si è pensato di passare avanti nel calendario la riforma della Rai, nel pomeriggio si è pensato di attenuare la portata dell’intervento sul sistema-Salute. Ma Renzi alla fine ha respinto queste ipotesi e attraverso il ministro Boschi ha ribadito: «Nel decreto non c’è nessun nuovo emendamento ma un emendamento approvato in commissione e contenuto nel testo arrivato in Aula». La linea di Palazzo Chigi è dunque chiara: centrali appaltanti, tetti alla diagnostica e altre misure emerse in questi giorni facevano già parte di un’intesa che i governatori hanno sottoscritto a luglio. Se Renzi ha deciso di intervenire per decreto, spiegano dal ministero della Salute, è perché su quei risparmi le Regioni si stanno muovendo lentamente. Quei soldi invece debbono essere una certezza alla luce della futura legge di stabilità, che conterrà l’eliminazione della Tasi sulla prima casa.  E qui scatta la protesta delle Regioni. I toni sono ultimativi, quasi da codice rosso per il diritto alla salute dei cittadini. «Così gli italiani si dovranno pagare le prestazioni privatamente», dicono gli assessori alla Sanità. «Ormai si taglia solo su questo, se si prosegue così salta il sistema della universalità e tutte le Regioni andranno in Piano di rientro», dice l’assessore veneto Luca Coletto. Non smentiscono, le regioni, che il testo recepisce l’accordo siglato in Conferenza Stato- Regioni, ma dicono che i termini di quell’intesa non sono più validi, vanno rivisti. La sensazione è che ci sia anche altro: parte dei risparmi dovrebbero restare ai sistemi sanitari locali, ma c’è il sospetto che Renzi voglia accelerare per portare più soldi possibili nella 'cassa centrale'. Una grana tecnica e anche politica. Renzi è consapevole che ad aver creato i presupposti per la polemica sono stati anche alcuni suoi fedelissimi come il commissario alla spending review Yoram Gutgeld: da una sua intervista si è innescato l’intero equivoco. Le opposizioni ieri ci sono andate giù durissime, soprattutto M5S. Ma gli occhi di Palazzo Chigi sono puntati sulla minoranza Pd, che potrebbe cavalcare la questione per creare altri intoppi. Quello di ieri sul numero legale non è stato letto come un messaggio. «Normali assenze del lunedì », glissa Boschi con qualche ragione vista la 'pigrizia' con cui i senatori rientrano a inizio settimana. Però la Sanità è un tema caldo e la sinistra Pd vuole capire se davvero Renzi è pronto a sostituirla con i voti dei verdiniani.