Attualità

L'allarme. Caos discariche: porte aperte ai clan

Pino Ciociola lunedì 6 ottobre 2014
Anni e anni di commissariamento per emergenza ambientale: è lo sgradevole primato che vanta la Calabria, insieme a un impegno di spesa che sfiora il miliardo di euro. Impegni serviti a poco anche soltanto per gestire le discariche (quelle pubbliche sono sei), alcune delle quali finite troppe volte all’attenzione della magistratura, come quella di Melicuccà in Aspromonte (a due passi da elettrodotto e giusto sopra una falda acquifera) o quella di Scala Coeli o la piccola discarica di Celico, che ha fatto ribellare cittadini e movimenti fino alla denuncia, annota Legambiente.Così, ad esempio, l’area di Crotone-Cassano-Cerchiara è a pieno titolo uno dei 44 Sin certificati dal "Progetto Sentieri" dell’Istituto superiore di sanità, visto che «il profilo di mortalità mostra eccessi evidenti in particolare tra gli uomini», per i quali, «oltre alla mortalità per tutte le cause, risultano in eccesso tutti i tumori, le malattie dell’apparato circolatorio, respiratorio e genitourinario», mentre «nelle donne, oltre alla mortalità per tutte le cause, è in eccesso quella per malattie dell’apparato digerente».La Regione intanto «si contraddistingue per una totale assenza di politiche per la prevenzione dei rifiuti e per il contrasto delle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti», si legge nel Rapporto Ecomafie 2014 di Legambiente. Col risultato che le idee proposte puntano solamente ad ampliare vecchie discariche o aprirne di nuove, cioè «scelte criminogene che spalancano le porte ai clan».Poi ci sono le parole pronunciate qualche mese fa da Federico Cafiero de Raho, il capo della Procura di Reggio Calabria: «Sono convinto ci sia un equivalente della Terra dei fuochi campana anche in Calabria. Esistono diverse notizie sui rifiuti sversati intorno a Reggio Calabria. Mi chiedo: come mai nulla è stato fatto visto che questo sversamento di rifiuti è avvenuto tanti anni fa?». Parole di un magistrato che per anni si è occupato di casalesi, Carmine Schiavone e traffico di rifiuti tossici.Era il 1997 e Carmine Schiavone raccontava che «anche in Calabria era lo stesso (come in Campania, ndr): non è che lì rifiutassero i soldi. Che poteva importargli, a loro, se la gente moriva o non moriva? L’essenziale era il business. Tutti i clan, tutte le associazioni criminali erano interessate, perché si trattava di decine di miliardi all’anno nel libro mastro». Roba da brividi. E da queste parti lo sanno. Ma (quasi) nessuno parla ufficialmente, come del resto nelle altre tre regioni "discarica d’Italia", Campania, Puglia e Basilicata.Altra questione sufficientemente “nota”. Ancora Schiavone: «So che c’erano navi e che qualcuna è stata affondata nel Mediterraneo. Ricordo che una volta si parlò di una nave che portava rifiuti speciali e tossici, scorte nucleari, che venne affondata sulle coste tra la Calabria e la Campania». I rapporti fra casalesi e ’ndrangheta, infine? «Stavamo bene con la Calabria – diceva Schiavone –, in particolare con qualche gruppo calabrese, quelli contrari ai De Stefano».