Attualità

INIZIATIVE SOLIDALI. Senigallia, costruire l’integrazione con il cantiere-casa

Vincenzo Varagona lunedì 16 gennaio 2012
La cooperativa si chiama Corinzi 11 e già il nome è un programma: a dispetto di tanti progetti d’integrazione che in giro per l’Italia non hanno funzionato, questo cantiere, aperto nell’agosto scorso nel quartiere Cesano, a Senigallia (Ancona), mostra già i tetti finiti delle venti palazzine che saranno abitate, entro la fine dell’estate o al più tardi entro la fine dell’anno, da altrettante famiglie: dieci italiane e dieci straniere. Ci facciamo strada in mezzo il fango, a tavole di legno e a mattoni forati, accompagnati da Lucio Cimarelli, sociologo, presidente del Consorzio Solidarietà della città». È anche uno dei coordinatori del progetto che, ammette, è «partito con difficoltà, perché non è facile trovare famiglie straniere che abbiano tutti i requisiti previsti dal bando per l’assegnazione: permesso di soggiorno, lavoro regolare e livello reddituale». Una volta che l’elenco è stato ultimato, tuttavia, il cantiere è stato aperto e il lavoro è proseguito senza intoppi, con assoluta regolarità. L’esempio lo dà il presidente, Giovanni Brunetti, di mestiere operaio metalmeccanico, improvvisatosi muratore e anche amministratore. «Il nostro segreto - spiega - è aver deciso di farci affiancare da un’impresa edile professionista. Sono loro a guidarci e noi abbiamo cominciato facendo semplice manovalanza, poi ci siamo affinati nel lavoro. Ogni capofamiglia si porta dietro un familiare: chi la moglie, chi il padre, il fratello o un suocero, e si va avanti. Il cantiere è andato avanti speditamente, e siamo in anticipo sulla tabella di marcia, perché il tempo ci ha assistito. Non ci siamo fermati praticamente mai, in particolare durante le feste, quando abbiamo più tempo libero dal lavoro vero». Vicino a lui abiterà Fausto Badioli, di professione infermiere: «Da quattro mesi, spiega, questa è la mia vita, e sono molto soddisfatto, si realizza un antico sogno». Tra gli operai incontriamo Zahire, arrivato dall’Algeria: è sposato e ha un bimbo e ancora non si capacita di questa occasione: «Mai avrei potuto comprare casa, in questo modo riesco a costruirla a metà del prezzo di mercato e conosco i miei vicini di casa molto tempo prima di andarci ad abitare». Mentre parla qualcuno passa portando una lunga trave... Sono due operaie al lavoro. Una è Viktoria, viene dall’Ucraina. Le chiediamo se riesce a sopportare la fatica, con un bel sorriso risponde che nel suo Paese le donne sono abituate a lavorare da sole e molto duramente. In questo momento è impegnata con l’amica a smontare un’impalcatura. Anche a loro, come agli altri futuri abitanti, l’informazione sul bando è arrivata o sulle onde del consueto tam tam che attraversa le comunità per stranieri o in seguito alla martellante campagna pubblicitaria ad hoc, studiata prima dell’avvio del cantiere: «Siamo stati molto attenti - spiega Cimarelli - a partire con il piede giusto, dopo i fallimenti registrati in altre realtà del Paese. Ci conforta, però, verificare sia che i lavori procedono speditamente (il cantiere dovrebbe essere chiuso entro fine estate), sia che fra gli operai si è stabilito un bellissimo clima». Lo conferma Brunetti: «Da mesi lavoriamo insieme, sudiamo insieme, condividiamo difficoltà ma soprattutto gioie e soddisfazioni. Non solo, abbiamo il privilegio di essere diventati quasi un’unica famiglia prima ancora di abitare insieme. Il nostro sarà un piccolo quartiere-famiglia». Un progetto che nasce con la benedizione del vescovo, Giuseppe Orlandoni, che nella Conferenza episcopale marchigiana ha proprio la delega per la pastorale del lavoro. «Speriamo vivamente - commenta il presule - che queste esperienze ad alto contenuto sociale trovino le condizioni per essere replicate in altre zone della nostra regione».