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Strategie. Per costruire il Campo Largo ora Schlein prova a imitare il centrodestra

Marco Iasevoli sabato 10 agosto 2024

A sinistra la segretaria del Pd Elly Schlein e Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 Stelle durante l'incontro al convento di San Francesco a Giffoni Valle Piana. A destra Schlein con il il leader di Italia Viva Matteo Renzi durante la partita del Cuore a L'Aquila

Agire come il centrodestra: distinguere la necessità di affrontare insieme e uniti le elezioni regionali dalle tensioni nazionali. Anche perché nel Belpaese il principale collante delle coalizioni, prima e molto più dei programmi, sono le vittorie. Elly Schlein ha dunque chiaro come affrontare le crescenti tensioni per l’eventuale ingresso di Matteo Renzi nel centrosinistra: prima si mettono in piedi le squadre per Emilia Romagna, Umbria e Liguria, riconoscendo le ambizioni su questi territori di M5s e Avs e così mettendo alla prova la “svolta” dell’ex premier e leader di Iv. E poi, a seguire, rafforzare il tavolo nazionale utilizzando come collante la prevedibile battaglia sulla manovra e la stagione referendaria. Un percorso che i vertici del Nazareno considerano di «buon senso».

E che tra l’altro servirebbero a prendere tempo anche rispetto alle dinamiche interne a M5s: gli esiti del cammino assembleare voluto da Conte sono, a detta dello stesso ex premier, del tutto imprevedibile. E dunque l’unica opzione ragionevole è mettere da parte i veti e iniziare dalle Regionali. Può funzionare nella sostanza. Ma certo non è l’indicazione di uno scenario che può frenare proprio Bonelli-Fratoianni e Conte dall’esprimere tutte le loro riserve sull’operazione al centro che ha come volto Matteo Renzi. Il leader pentastellato è più lapidario degli altri giorni: «Renzi gli elettori li fa scappare». Mentre il portavoce dei Verdi ha messo in fila con più argomenti le perplessità sue e del segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni: «Come si fa a essere a supporto del totismo a Genova e poi essere contro il totismo in Liguria? E come fa Italia Viva ad appoggiare la destra in Basilicata, dove ha demolito la sanità e ha consentito la colonizzazione delle trivelle?».

L’indicazione di Bonelli è un’altra: una gamba liberal-democratica serve, ma può più pacificamente avere i volti di Calenda e di Magi, di Azione e +Europa. «Su Calenda non pongo veti - ha detto Bonelli - anche se lui li pose su me e Nicola. Ma ho studiato dai gesuiti, conosco bene la cultura del perdono. Non ho problemi a confrontarmi né con Calenda né con Magi», mentre con Renzi si pone una questione di «credibilità». Parole riferita a Il fatto quotidiano. Mentre Conte sul profilo del nuovo centrosinistra si esprime con L’Espresso, chiudendo nei fatti anche a Calenda. «Gli elettori Pd e Cinquestelle sono scettici sul campo largo. In particolare non apprezzerebbero la presenza di Renzi e Calenda. È la conferma che anche l'elettorato progressista vuole un progetto di qualità costruito su obiettivi chiari e definiti e, soprattutto, non rimane insensibile al tema dell’etica pubblica». Chiaro che Conte l’operazione al centro non la vede proprio, perché in realtà non ha mai rinunciato all’idea che M5s possa parlare, attraverso di lui e il suo nuovo corso, anche ad un elettorato più moderato.

Dunque accelerare ora significherebbe strappare. Tanto più scrivere quel «contratto alla tedesca» che immagina Renzi, che invece di problemi a stare con Avs e M5s sembra non averne. Certo alcune perplessità sul ritorno dell’ex premier sono anche dentro il Pd. Soprattutto, l’appoggio di Renzi e Calenda a Bardi in Basilicata non è mai stato digerito, e rappresenta tuttora un problema. Ma un nodo più grosso si affaccia nel nuovo centrosinistra: il nuovo quadro del conflitto russo-ucraino, con Kiev che attacca, allarga la frattura sia dentro i dem sia tra il partito di Schlein e i pacifisti di Avs e M5s.