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IL CORAGGIO DELLA LEGALITÂ. In Campania: «Contro le cosche per dare a mio figlio una terra migliore»

Antonio Maria Mira venerdì 21 gennaio 2011
Tonino guarda teneramente il figlio Stefano, appena 19 mesi, addormentato sul seggiolino dell’utilitaria. «Quello che ho fatto lo rifarei ancora, per lasciare a mio figlio una terra migliore di quella che hanno lasciato i miei genitori». La sua scelta è stata chiara. Lotta al racket, convinta, la rapida collaborazione di forze dell’ordine e magistratura. Ma la camorra, e i suoi alleati, non perdonano. Antonio Picascia, per gli amici Tonino, è un imprenditore di Sessa Aurunca, grosso centro del nord casertano, al confine col Lazio. Azienda Cleprin, detergenti professionali, con una forte attenzione al rispetto per l’ambiente. Tre anni fa la prima "bussatina". Si presentano l’ingegnere capo dell’ufficio tecnico comunale e il fratello del boss del clan locale degli Esposito. L’ennesimo caso di collusioni tra pubblica amministrazione e camorra, quella “zona grigia” tipica soprattutto dell’area. Gli chiedono di assumere proprio il fratello del boss. Tonino non ci pensa un attimo. Denuncia ai carabinieri e ai magistrati. I suoi estorsori vengono così arrestati e rapidamente condannati. É un esempio da imitare. Al punto che quando il 26 settembre 2008 Confindustria organizza a Caserta un’iniziativa sul tema della legalità, con la presidente Emma Marcegaglia e i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, viene chiamato come testimone. «Sono convinto di aver scelto la squadra giusta con cui giocare la partita» dice dal palco. Ma la camorra non dimentica e ancor di meno la “zona grigia” delle collusioni nella pubblica amministrazione, che coi clan convive e fa affari. Così arriva la vendetta. Sottile, ripetuta. E poi via via più pesante.Si comincia con varie denunce anonime per sicurezza sul lavoro, inquinamento. «E mi hanno fatto sapere chi le aveva fatte, così lo sfregio era completo». Eppure scattano le ispezioni. «Non ho mai avuto problemi con uffici statali, regionali e provinciali. Con quelli comunali sì, dai vigili urbani all’ufficio tecnico». Tutto a posto, ovviamente. E allora si alza il tiro. «Lo scorso agosto mi accorgo che i camion della ditta che effettua la raccolta dei rifiuti per il comune si fermavano a lungo davanti alla mia azienda. Grazie alle telecamere della videosorveglianza ci accorgiamo che non si fermavano per caricare rifiuti dai cassonetti. Ma scaricavano il percolato a terra. Proprio sul piazzale dell’ingresso». Va avanti per tutto il mese. Almeno dieci volte il liquido scuro, puzzolente e altamente tossico finisce davanti all’azienda. Tonino capisce subito il perché. «Questi non dimenticano. Appena cala la tensione loro reagiscono. È stato sfregio e provocazione. Volevano che reagissi. Ma per fortuna non lo abbiamo fatto». Invece, ancora una volta, si fida della “squadra”. Va dai carabinieri di Caserta portando un dvd con le immagini degli scarichi. «Si attivano immediatamente. Accertano così che uno degli addetti ai rifiuti è parente del clan dei Muzzoni». Proprio quello che aveva tentato l’estorsione tre anni prima. «Così i carabinieri organizzano la sorveglianza e il 3 settembre li fermano in flagranza di reato mentre stanno ancora una volta scaricando il percolato».Ma i problemi non finiscono qui. Perché ora tocca pulire e bene. Sembra facile.... Ma chi? «È un scaricabarile e nessuno sembra volersi prendere la responsabilità». Molte le porte alla quali bussa: vari uffici comunali, l’azienda che gestisce la raccolta dei rifiuti, la provincia, la stessa prefettura. Il 15 settembre, dopo varie insistenze, l’area viene “messa in sicurezza”...per modo di dire. Alcuni teli di plastica bloccati da pietre. Dopo quattro mesi sono ancora lì. «Un monumento alla camorra e all’incapacità della pubblica amministrazione», si sfoga l’imprenditore. Sembrano non credergli quando denuncia che dietro a tutto questo ci sono settori delle istituzioni collusi coi clan. «Si fanno affari senza fatti eclatanti. Mi dicono che faccio affermazioni gravissime, che devo denunciare ai carabinieri. E io rispondo che l’ho già fatto da tempo».Il percolato così è ancora lì, solo nascosto da quei quattro teloni. Ma Tonino non ha certo mollato. «Non ho cambiato idea. Ci ho messo sempre la mia faccia e continuerò a farlo. Perché quando lo Stato si attiva lo fa in fretta e bene. E in maniera umana. La mia fiducia è immutata anche se qualche perplessità sulle persone ora ce l’ho. Perchè non basta la repressione se non cresce la società civile. Mi dicono che la mia è una battaglia contro i mulini a vento. Io spero di no. Diciamo che mi sento un don Chisciotte "part time". Aspetto che i fatti mi convincano del contrario».