Caserta. Camorra e azzardo: 46 arrestati, legati al clan dei casalesi
Nuovo importante colpo delle forze dell'ordine contro gli affari della camorra sull'azzardo. In particolare il gioco on line, scommesse e poker. Ma anche le slot e perfino una bisca clandestina in un bar di Casapesenna, dove durante l'orario di chiusura si organizzavano partite a "zecchinetta". E con la novità dell'imposizione di tangenti sui gestori delle piazze di spaccio di stupefacenti. Tutto pur di incassare e pagare così gli "stipendi" ai membri del clan, compresi quelli in galera. E nello stesso tempo confermare il controllo del territorio.
Nelle prime ore della giornata i carabinieri della compagnia di Casal di Principe, coordinati dalla Dda di Napoli, hanno arrestato 46 persone collegate al clan dei "casalesi", in particolare alla fazione "Schiavone-Venosa". L'operazione, che ha riguardato le province di Caserta, Napoli, Benevento, Viterbo, Parma, Cosenza e Catanzaro, conferma il grande interesse del clan sull'azzardo, fino ai più alti livelli. L' ordinanza di custodia cautelare ha infatti raggiunto il capo della cosca Francesco Schiavone "Sandokan", in carcere da anni con vari ergastoli ma ancora operativo, e il secondogenito Walter detto "la capra", che come gli altri fratelli Nicola e Carmine, già arrestati in inchieste sul mondo delle scommesse, gestiva sul territorio gli affari del clan sull'azzardo. Ultimamente aveva assunto il ruolo di coordinamento del clan, diventando il riferimento soprattutto delle giovani leve criminali. Come nella recente operazione contro il clan Bidognetti, anche in questa i protagonisti sono i figli dei capi storici.
Gli inquirenti parlano di un vero e proprio racket che imponeva agli esercenti il collegamento ad una piattaforma di poker on line, denominata Dgb Poker. Il profilo di amministratore era gestito da Mary Venosa, figlia del reggente Raffaele, diventato collaboratore di giustizia nel 2015. Secondo le indagini il clan riusciva così ad incassare quasi il 60% dei guadagni degli stessi esercenti.
"Questo assicurava al gruppo criminale un duplice tipo di proventi, quelli del gioco e quello dell'imposizione estorsiva", commenta il procuratore Giovanni Colangelo. Mentre per le slot venivano imposte quelle di una società che, in cambio del monopolio, versava al clan una quota per ogni "macchinetta" installata. I referenti dell'azienda sono ora indagati per concorso esterno in associazione mafiosa. Le accuse contestate dagli inquirenti agli esponenti della cosca sono associazione mafiosa, ricettazione, estorsione, illecita concorrenza con minacce e violenza, intestazione fittizia di beni, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, detenzione illegale di armi.
"Le famiglie dei capicamorra continuano ad avere un tenore di vita molto elevato. Dobbiamo tagliare queste fonti di finanziamento", sottolinea il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli. Che sul tema dell'azzardo usa parole molto forti. "Permane un problema. Non è possibile che non riusciamo ad arrestare il controllo monopolistico da parte dei "casalesi" delle piattaforme del gioco d'azzardo on line attraverso le quali vengono pagati gli "stipendi" a chi si trova al 41bis. È una cosa su cui apriremo una riflessione nelle prossime settimane perchè non è possibile che si continui con questo andazzo. Dobbiamo tagliare queste fonti di finanziamento". Che oltretutto sono molto agevoli, come spiega il capitano Simone Calabrò, comandante della compagnia di Casal di Principe.
"Sul territorio sono ben conosciuti. Bastava passare nei bar. Non potevano opporsi. Non erano necessarie minacce, era sufficiente il loro nome. Anche se, come abbiamo accertato, andavano armati". La conferma arriva dal fatto che, aggiunge l'ufficiale, "denunce non ne abbiamo avute. Nessuno si è presentato. Abbiamo riscontrato con l'attività tecnica che c'erano queste imposizioni, anche attraverso i movimenti di denaro verso certi conti bancari collegati al clan".