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Clima. Edo Ronchi lancia la sfida: «Cambiamo oggi i nostri stili»

Daniela Fassini giovedì 2 gennaio 2020

«Se facciamo un bilancio delle politiche internazionali possiamo dire che i giovani non sono stati ascoltati». Non ha dubbi Edo Ronchi, politico ecologista e firmatario del protocollo di Kyoto da ministro dell’Ambiente col governo Prodi nel 1997. Dopo aver lasciato il lungo impegno politico è stato nominato nel settembre 2008 presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, una onlus, in cui imprese ed esperti collaborano per la crescita della green economy in Italia.

In effetti, se guardiamo anche all’esito della Cop 25 di Madrid, la delusione è grande.
Bisogna smettere di alimentare le aspettative su queste Cop perché la dinamica mondiale vede gli effetti del gas serra distribuiti in maniera differenziata. In particolare colpisce i paesi più poveri e i meno resilienti. Inoltre gli interessi dei combustibili fossili (che rimangono enormi) sono distribuiti in maniera diversa.

Ci faccia alcuni esempi.
Ci sono governi poco lungimiranti e molto legati ai combustibili fossili come quello dell’amministrazione Trump. La sua amministrazione è espressamente e dichiaratamente pro fossile e il prezzo non a caso che paga sono le emissione pro capite dei cittadini americani, che sono fra le più alte al mondo. Più del doppio di quelle europee. Anche la Cina produce la gran parte della sua elettricità col carbone. Quindi aspettare la svolta climatica da un accordo secondo il meccanismo della Cop che si decide a grandissimo consenso vuol dire accettare i freni al cambiamento.

Quindi se le Cop non funzionano cosa si deve fare?
Ormai è chiaro che è possibile un’altra strada e che la si sta già praticando. L’ Unione Europea della Von der Leyen ha approvato un piano con delle risoluzioni che hanno avuto l’assenso del parlamento e anche del consiglio con la sola riserva della Polonia (altro paese fossilecarbonifero). Il programma approvato dalla commissione europea prevede inoltre un impegno di taglio alle emissioni di gas serra inizialmente fissato al 40% che ora è passato al 50-55%. Una dinamica politica quindi diversa da quella del passato.

Questo per quanto riguarda l’Ue, e il resto?
C’è anche una novità portata dal cambiamento tecnologico e organizzativo delle pratiche di decarbonizzazione. Un processo che comincia ad esempio con le energie rinnovabili. Esiste già c’è una specie di grid parity (il costo delle energie rinnovabili, senza incentivi, ha già raggiunto il costo delle energie fossili, ndr). E poter essere 100% elettricità rinnovabile non è un’utopia. È già oggi una strada percorribile. Anche per quanto riguarda l’efficienza energetica, si è fatto molto. È vero, ci sono ancora molti edifici pubblici su cui bisogna fare moltissimo.

E per quanto riguarda l’economia circolare?
Quando parliamo di efficienza energetica entra in scena anche l’economia circolare che mette in discussione, ad esempio, la filosofia 'dell’usa e getta'. Quel sistema cioè ad alto consumo di materiali. Il nuovo stile di vita potrebbe modificare il modello di economia da lineare a circolare. Pensi anche al campo della mobilità dolce che oggi è molto diffusa con le bici e le auto elettriche. Anche lo sharing, l’utilizzo condiviso dell’auto, fa sempre parte di quell’altra strada verso la decarbonizzazione che stiamo già percorrendo.

Lei all’inizio ha citato anche il cambiamento tecnologico.
L’applicazione delle tecnologie digitali è determinante anche se l’informatica può diventare un pericolo di consumismo con il cambio veloce dei sempre più nuovi modelli di cellulari. Ma la tecnologia ha anche una serie di applicazioni uitli per l’ambiente. Oggi con la digitalizzazione risolvo ad esempio il problema della variabilità delle fonti rinnovabili perché ognuno può controllare i propri consumi e regolarsi di conseguenza. Oggi si studia la cattura e l’assorbimento del carbonio e quindi si comincia a parlare di riforestazione urbana, tetti verdi e spazi verdi: in molte città lo stanno già facendo. Anche in agricoltura è stato possibile ottenere nuove tecniche di coltivazione grazie alla digitalizzazione. Grazie alle nuove tecnologie digitali (pensiamo ad esempio ai social) è aumentato anche il coinvolgimento di tutti e il livello di consapevolezza sui cambiamenti climatici dei media e dei cittadini.

Quindi stiamo già percorrendo la via verso la decarbonizzazione?
Tutta questo cinque anni fa non ce l’avevamo. Quindi oggi a costi non eccessivi siamo in grado di attivare, a prescindere dalla volontà e dall’impegno dei singoli Paesi, dei processi di decarbonizzazione.

E l’Italia, a che punto è?
La politica italiana rimane in ritardo. Da cinque anni non riduciamo le emissioni di gas serra. Se dimostriamo che l’economia no carbon è economicamente conveniente e genera maggiore occupazione e benessere è questa la strada: costringere i cosiddetti 'Paesi frenatori' a inseguirci su questa via. E questo vale per i Paesi ma anche per i diversi settori dell’economia: ce ne sono alcuni che stanno marciando come treni.

La sua fondazione per lo sviluppo sostenibile cosa chiede?
Noi abbiamo imprese e aziende importanti che espressamente dichiarano di muoversi verso una strategia di neutralità carbonica. Ce ne sono a decine e alcune insieme alla Fondazione hanno dato vita a 'Italy for Climate', un’iniziativa italiana appena lanciata. Vogliamo dire 'noi già lo facciamo, i programmi di decarbonizzazione si possono fare e sono economici'. Oggi non è più utopia ma una realtà concreta. E alla politica diciamo: noi non aspettiamo. L’Italia deve essere più ambiziosa per ridurre le emissioni. Bisogna aumentare il passo.

È vero che sui cambiamenti climatici siamo vicini a un punto di non ritorno?
Non sono io che lo penso ma ci sono i rapporti scientifici che lo confermano. Molti dimenticano che l’ Ipcc non è un partito politico ma riunisce i maggiori esperti di tutto il mondo e ha pubblicato sei rapporti importanti che confermano l’emergenza climatica. Non c’è un’istituzione scientifica che non condivide queste analisi.

Cosa vuol dire ai giovani?
Si può fare molto impegnandosi direttamente: vedere quali sono le emissioni dei nostri stili di vita e avere fiducia nel futuro. Il cambiamento si può realizzare.