Attualità

150° DELL'UNITA'. Calderoli: il 17 marzo si lavori Ma La Russa frena: decisione già presa

mercoledì 9 febbraio 2011
Per celebrare l’Unità d’Italia bisogna prima mettere d’accordo gli italiani. Lavorare o non lavorare il 17 marzo – giorno in cui cade il 150° esatto della pro­clamazione del Regno– è l’ennesimo di­lemma che ha suscitato la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. E che trova gli italiani (che secondo D’Azeglio nel 1861 restavano ancora da fare) pronti a di­vidersi ancor oggi. Almeno quelli della po­litica e del sindacato. Il rilancio ieri delle la­mentele confindustriali ha infatti visto un esponente dell’esecutivo come il ministro della Semplificazione legislativa Roberto Calderoli schierarsi con la leader delle im­prese e annunciare che riaprirà oggi la que­stione della chiusura degli uffici pubblici in Consiglio dei ministri. Rintuzzato da due colleghi, Paolo Romani (Sviluppo econo­mico) e Ignazio La Russa (Difesa).E anche nel mondo del lavoro si registrano posizioni distinte. Da un lato la C­gil che propende per il riposo, dal­l’altro il duo Cisl-Uil possibilista con l’ipotesi Marcegaglia. Il nodo del contendere sono i 4 mi­liardi che la numero uno di viale del­l’Astronomia vede buttati nel cesti­no. «Non è la cosa migliore per la crescita», incalza. E suggerisce: la festa è importante, ma «la si può ce­lebrare andando a scuola o lavo­rando », prevedendo appositi mo­menti. Concorda Calderoli, che ri­corda di aver votato contro la chiu­sura degli uffici pubblici per la festa nazionale in sede di Consiglio dei ministri. Il ministro dà una lettura consonante con la Marcegaglia sul­le ricadute negative anche sul set­tore privato. E aggiunge il pericolo di un 'effetto ponte' (la festa cade di giovedì e, come noto, gli uffici pubblici il sabato sono chiusi). Dun­que, oggi nella riunione del gover­no andrà fatta «assoluta chiarezza» sulla questione, da affrontare non a caso in­sieme a «una serie di proposte per il rilan­cio dell’economia e dell’impresa». Chiude all’ipotesi La Russa: «È una decisione già presa. Non è sempre necessario che tutti siano d’accordo». Anche per il titolare del­lo Sviluppo economico, Paolo Romani, la chiusura degli uffici s’ha da fare. Primo, per­ché è una tantum . La festa «si tiene solo quest’anno, mi sembra che per una volta si possa festeggiare». Poi quest’anno il primo maggio cade di domenica e il 25 aprile coin­cide con la Pasquetta. Quindi anche i gior­ni lavorativi persi per il ponte sarebbero compensati. «Mi pare che si possa fare a meno di questa discussione e si possa dare un po’ di riposo ai lavoratori che ne hanno bisogno, quei po­chi che lavorano, perché tanti sono in cas­sa integrazione», sostiene la leader della C­gil Susanna Camusso che esprime «stupo­re incredibile» per la polemica, rispetto ai problemi del Paese. Diversa la posizione di Raffaele Bonanni, segretario della Cisl, che dapprima si dice dispiaciuto e preoccupa­to per il fatto che ci si divida anche sull’u­nità d’Italia. Poi chiama in causa le istitu­zioni che «avrebbero fatto bene a discutere e verificare con le parti sociali l’impatto economico della fe­sta ». Condivide l’appello della Marcegaglia anche Luigi Ange­letti (Uil), che propone di unifi­care la ricorrenza con il 2 giu­gno, in modo da non perdere «qualche miliardo di euro, con cui si possono fare molte cose a beneficio degli italiani». L’appoggio di Calderoli a Con­findustria non piace a diversi e­sponenti delle opposizioni. Sia pure con argomenti diversi. An­che Walter Veltroni (Pd) lamen­ta la mancanza di discussione con le parti sociali. Ma si dice pro-festa, perché «bisogna fer­marsi un attimo, ritrovarsi ita­liani è una cosa bella per il Pae­se ». Critici soprattutto con il fat­to che la Lega approfitterebbe dell’occasione per cercare di boicottare la festa nazionale Si­lavana Mura (Idv) e Alessandro Pignatiello (Pdci-Fds), che ag­giunge aspre critiche a un «governo di nul­lafacenti ». Infine, una stoccata arriva da Italia Futura, l’associazione di Luca di Montezemolo, pre­decessore della Marcegaglia alla guida de­gli industriali, che parla di «polemiche inu­tili » e di «cagnara».