Il voto del 26. La Calabria alle urne chiede slancio alla politica
La sede del Consiglio regionale a Reggio Calabria
«Solo quattro ore, non mi sembra vero...». Sono le dieci e mezzo di sera e Rocco, studente calabrese fuorisede, scende dal predellino del Frecciaargento e appoggia il trolley sulla banchina della stazione, ancora un po’ incredulo. Da novembre, l’Alta velocità ha raggiunto la Ionica calabrese. E così, fra Roma e Sibari, il tragitto su rotaia è trascorso in fretta: «Ora però mi toccano due ore di Statale 106, fra incroci pericolosi e attraversamenti pedonali. Ecco, alla politica chiederei questo: una strada migliore per tornare a casa», sorride Rocco mentre si avvia.
Ecco, la Calabria che si prepara alle elezioni regionali di domenica è ancora questa: fetta d’Italia lunga e stretta come un sospiro, punta dello Stivale sospesa fra timidi segnali (agognatissimi) di modernità e la pesante zavorra che la opprime da decenni o forse secoli. La carenza di collegamenti col resto d’Italia, anzitutto, con la dorsale ionica senza un aeroporto con collegamenti nazionali (Crotone ha voli solo per Bergamo e Pisa) e attraversato da una statale, la famigerata 106 appunto, per anni nota come la «Strada della morte» (per l’alto numero di incidenti) e ora ammodernata in alcuni tratti. Mentre la percorriamo verso sud, cartelli e autovelox ci invitano alla prudenza.
Nella città dove ai tempi della Magna Grecia insegnava Pitagora, fare i conti a fine mese per molte famiglie è divenuto arduo. Gli scheletri delle industrie del polo chimico, oltre alla perdita di posti di lavoro in una città che mangiava pane e fabbrica, hanno lasciato un retaggio mortifero, dovuto al seppellimento di ferriti e altre scorie di produzione: «Contiamo ormai centinaia di morti per tumore, una strage silenziosa – racconta Patrizia Pagliuso, presidente della Lilt crotonese – . Secondo studi recenti, nell’area Sin di Crotone-Cassano-Cerchiara si registra un eccesso di mortalità. Le bonifiche hanno preso il via dopo decenni di stallo, ma gli interventi programmati non sono sufficienti».
Un contesto al quale si sta avvicinando il nuovo arcivescovo di Crotone-Santa Severina, monsignor Angelo Panzetta, pugliese e figlio di un operaio dell’Italsider, che ben conosce i frutti amari del declino industriale: «Sarò il vescovo degli ultimi», ha promesso al suo insediamento. Qui la disoccupazione, soprattutto giovanile, ha percentuali da maglia nera europea. Ne sa qualcosa don Rino Le Pera, direttore della Caritas locale: la sua mensa sforna 80 pasti al giorno per chi ha bisogno (e altri 70 vengono distribuiti on the road dai volontari). «Aiutiamo molti immigrati, come sempre, ma iniziano a crescere le famiglie di residenti che non ce la fanno ad arrivare a fine mese». Figlio di un emigrato in Germania, don Rino parla tedesco, inglese e francese e sa guardare in fondo al cuore di chi bussa alla sua porta. E non teme di portare la Parola anche a chi ha scelto la mala strada. Già perché su questa terra pesa, più di ogni altra cosa, l’ombra nera della ’ndrangheta. In decenni di soprusi, malefatte, traffici e omicidi, le 166 ’ndrine disseminate fra Reggio Calabria e l’Alto Cosentino hanno inquinato l’economia e le amministrazioni locali (con 18 comuni sciolti) e stretto legami con la massoneria deviata. Con le sue inchieste (l’ultima, Rinascita-Scott, ha portato all’arresto di 334 persone in diverse Regioni) il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri prova a squarciare il velo del silenzio. Sabato, migliaia di cittadini hanno espresso solidarietà davanti alle finestre del suo ufficio. Fra loro, abbiamo scorto anche due candidati alla presidenza: l’imprenditore del tonno Pippo Callipo, sostenuto dal Pd, e l’economista Francesco Aiello, in lizza per M5s. Quella per il governo della Regione è una corsa a quattro, a cui concorrono anche la candidata del centrodestra Jole Santelli (data per favorita dagli ultimi sondaggi) e l’outsider Carlo Tansi.
A tutti, candidati ed elettori, i vescovi calabresi rivolgono un appello, auspicando un’alta partecipazione al voto e che «forze politiche, movimenti ed associazioni sappiano orientare le loro scelte ai principi del bene comune e del senso di responsabilità», in una terra «martoriata dalla pervasiva presenza della criminalità organizzata, dal dilagare della corruzione, dalla mancanza di infrastrutture, dalla scelta di un esodo senza ritorno dei giovani, dalla disoccupazione». A fronte di una «situazione delicata», la Conferenza dei vescovi calabresi chiede che si rifugga «dal voto di scambio» e confida che si vada «sempre avanti» con «coraggio e fiducia». Gli stessi sentimenti che in qualche modo Francesco Careri, 27enne ingegnere meccanico della Locride, a completare la tesi magistrale a Birmingham, in Inghilterra: «Noi giovani calabresi non chiediamo soldi facili o posti di lavoro statali – dice con garbo – chiediamo solo opportunità per noi e per la nostra terra».