«Reggio libera Reggio» perchè davvero «La libertà non ha pizzo». Due slogan per una giornata di cambiamento, forse storica per la città calabrese. L’Auditorium San Paolo è pieno. Tanti giovani. Scuole. Ma anche adulti. Rappresentanti delle istituzioni e gente comune. C’è l’arcivescovo Mondello, il prefetto Varatta, il questore Casabona, il procuratore generale Di Landro. C’è la Reggio che vuole cambiare. Sono 58 le associazioni e organizzazioni, che dopo un cammino di un anno, si sono messe insieme per una lotta comune. Ci sono la Caritas e Libera, tutti i sindacati, i movimenti giovanili di centrodestra e centrosinistra, l’Agesci, l’Azione cattolica, alcune parrocchie, il mondo del volontariato e della solidarietà. «Abbiamo sottoscritto un impegno che non è contro qualcosa ma per la vita e la legalità – spiega Mimmo Nasone, referente di Libera di Reggio –. Un impegno in positivo per la nostra bella città, per essere liberi dalla mafia e dalla mafiosità».Non parole ma fatti concreti. Seguendo l’esempio di chi ha aperto la strada come i ragazzi palermitani di "Addio pizzo". Come spiega uno dei coordinatori, Francesco Spanò, «non vogliamo essere una nuova associazione ma una comune scelta, un comune impegno di libertà». Con alcune precise richieste e proposte. A livello politico si chiede di migliorare la legge nazionale antiracket e di applicare finalmente quella regionale ancora non operativa. Si chiede che a livello locale si preveda la detassazione per gli imprenditori che denunciano. E al sistema bancario maggiore sensibilità, soprattutto sul fronte dei protesti, delle ipoteche, degli scoperti. Per evitare il danno sul danno. Ma è soprattutto è quello che si offre agli imprenditori che intendono denunciare. Proprio a loro sarà consegnato il logo coi due slogan (proprio come a Palermo) da esporre nelle vetrine a garanzia della libertà dal pizzo e dalle logiche mafiose. Poi un osservatorio sociale antiracket che possa accogliere e accompagnare nell’iter burocratico quanti denunciano il racket o ne diventino vittime». Infine avviare una campagna di consumo critico che, sulla scia dell’esperienza positiva palermitana, inviti cittadini, enti, associazioni, imprese a ad acquistare beni e servizi presso imprenditori «che abbiamo denunciato il racket, che rifiutino deliberatamente di pagare il pizzo nelle sue diverse forme o che decidano di non assecondare più le richieste estorsive, che esercitino la propria attività con provata libertà da qualsiasi legame con la ’ndrangheta». A prova di tutto questo esporranno il logo. Funzionerà? «Sono già arrivate al coordinamento decine di richieste di imprenditori – rivela Spanò –. È la dimostrazione che è possibile stare uniti nella speranza. Scegliere di non essere più soli«. «È il "noi" che vince», commenta don Luigi Ciotti fondatore e presidente di Libera. E il questore Casabona è sulla stessa linea. «Questa è l’unica possibilità per salvare questa meravigliosa terra che abitiamo». Un messaggio di speranza. E don Luigi ricorda che la radice della parola è "piede". «Dobbiamo camminare insieme per dar speranza. Dobbiamo avere la forza di toglierci le etichette per stare insieme. È l’impegno che ci affida la vita. Ma ci deve essere contagio, dobbiamo unire quello che la mafia divide, unire i fatti alle parole. Davvero sui nostri piedi dobbiamo camminare insieme. E la bussola sarà la giustizia sulla strada del lavoro vero». E Tano Grasso, presidente onorario della Fai, aggiunge: «Questo è un buon inizio per Reggio. Il percorso diventerà concreto quando gli operatori avranno il coraggio di denunciare, come succede in Sicilia». È davvero una giornata storica qui a Reggio. Con l’impegno di tutti. Oggi stretti attorno ai pochi imprenditori che hanno denunciato. Ma pronti a sostenere chi davvero vorrà liberare questa città dal pizzo, dalla violenza e dalla sopraffazione mafiosa.