Migranti. Calabria, boom di arrivi. Oltre 1.300 persone in 3 giorni
Sono oltre 1.300 gli immigrati sbarcati negli ultimi tre giorni sulle coste joniche calabresi: 782 su quelle reggine in otto sbarchi, 208 in tre sbarchi su quelle crotonesi; nella notte tra venerdì e sabato ci sono stati altri due sbarchi in Calabria, rispettivamente con 300 e 40 immigrati.
Un flusso continuo che avviene nel totale silenzio e disinteresse. Quasi tutte barche a vela, strapiene di persone, comprese donne e minori, provenienti dalla rotta turca. Col fortissimo sospetto che ci sia in mare una 'nave madre' molto grande che ha trasportato gli immigrati per gran parte del viaggio per poi trasbordarli su imbarcazioni più piccole. Un’ulteriore conferma dell’esistenza di un’importante organizzazione di trafficanti di essere umani che quest’anno sta facendo ricchissimi affari. Infatti fino ad oggi sulle coste calabresi sono arrivati più di 6mila persone, mentre erano state 'solo' 2.500 in tutto il 2020, anno peraltro già in crescita. Ben 4.651 sulle coste reggine, in 53 sbarchi, 40 dei quali a Roccella Ionica. Con un crescendo in questi ultimi due mesi. Gli sbarchi sono stati, infatti, 25 tra gennaio e agosto, e 28 da settembre a oggi.
A preoccupare magistratura e forze dell’ordine è che non solo è attivissima la rotta turca, con più di uno sbarco al giorno, ma è ripresa alla grande anche quella dalla Libia orientale, gestita da trafficanti egiziani, con grossi pescherecci che trasportano anche 2- 300 persone. E sono comparsi anche i primi gruppi di profughi afghani, fuggiti dopo il crollo di Kabul, avvisaglie di un flusso che si teme molto forte.
Intanto i trafficanti, come ci spiegano gli investigatori, stanno perfezionando le strategie. Così ormai non tentano più di arrivare fino alla costa. Ma quando sono ancora in alto mare chiamano i numeri dell’emergenza marina e chiedono soccorso. Poi per giustificare la chiamata danneggiano motori o timoni. Questo, ovviamente, obbliga gli uomini della Guardia costiera e della Guardia di finanza a un super lavoro, tutti i giorni in mare anche a decine di miglia dalla costa. Non fanno in tempo a sbarcare gli immigrati, in gran parte nel paese della Locride di Roccella Ionica, che devono riprendere il mare. Anche perché in questi mari non c’è nessuna barca delle Ong.
Giovedì notte un fuori programma. Alle 23 è giunta una chiamata alla centrale operativa dei carabinieri di Reggio Calabria. Chiamavano da un telefono satellitare, avvertendo in inglese che erano sbarcati 50 immigrati sulla spiaggia di Cala Janculla, nel comune di Seminara, sul Tirreno. Una novità, visto che tutti gli altri sbarchi sono avvenuti sullo Jonio. Il soccorso è stato effettuato dalla Guardia costiera con una motovedetta e due gommoni che si sono avvicinati alla spiaggia irraggiungibile da terra, perché sormontata da un’alta scogliera. Lì c’erano effettivamente 56 immigrati, di nazionalità irachena e iraniana, evidentemente scaricati da un’imbarcazione che poi si è allontanata. Una barca sicuramente grande (forse la nave madre) che ha passato lo stretto di Messina senza insospettire nessuno. Gli immigrati soccorsi nella notte, illuminata dai fari di un elicottero della Gdf, sono stati poi trasportati nel porto di Bagnara calabra, dove il comune ha predisposto l’accoglienza nel palazzo dello sport.
Una situazione sempre più drammatica e insostenibile, soprattutto Roccella Ionica, che dispone solo di un proprio centro di accoglienza in un edificio peraltro poco adatto e che può ospitare non più di 120 persone. Così, denuncia il sindaco Vittorio Zito, «questa notte per la prima volta in cento hanno dovuto dormire in banchina, per terra e all’aperto. Solo una parte sotto un gazebo che ci hanno prestato. E lì passeranno ancora un’altra notte». E qui il primo cittadino si sfoga. «La cosa incredibile e inspiegabile è il totale silenzio del ministero dell’Interno. Nuovamente tre giorni fa ho chiesto di essere aiutato. Anche per piccole cose come comprare un gazebo. O avere dei bagni chimici. Ma non mi hanno risposto. Al massimo dicono 'vedremo'. Come se avessero paura di qualcosa».