Le cosche della 'ndrangheta di Palmi imponevano una tangente del 3% alle imprese appaltatrici e la fornitura del calcestruzzo. È quanto è emerso dall'inchiesta condotta dalla squadra mobile di Reggio Calabria e coordinata dalla Dda, che stamani ha portato all'arresto di 52 presunti affiliati alle cosche Gallico-Morgante-Sgro-Sciglitano e Bruzzise-Parrello. Grazie a imprese collegate direttamente alle famiglie, la 'ndrangheta palmese era così riuscita a mettere le mani sugli appalti per i lavori sulla A3. Un sistema che andava a discapito dell'economia sana, completamente tagliata fuori dalle imprese colluse che approfittavano del potere mafioso che era alle loro spalle per ottenere i lavori di subappalto.Il meccanismo era già venuto alla luce nel 2007 con l'inchiesta, condotta sempre dalla mobile reggina, contro le 'ndrine di Rosarno, Gioia Tauro e Limbadi (Vibo Valentia) ed è stato confermato con l'indagine di adesso.I lavori in questione sono quelli del quinto macrolotto che interessano il tratto compreso tra Gioia Tauro e Scilla. L'arrivo dei lavori nella zona di Palmi e gli appetiti per gli affari che ciò comportava, tra l'altro, secondo quanto emerso dalle indagini, aveva portato a una ripresa dei focolai di violenza tra le cosche della zona, contrapposte, negli anni '80 e '90, in una sanguinosa faida che aveva provocato decine e decine di morti.L'inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, dall'aggiunto Michele Prestipino e dal pm Giovanni Musarò.