Il caso montato sui social. «Cacciare Salvini» nel tema. Come si fabbrica una bufala
(Ansa)
«È un’infame», «Va licenziata immediatamente». Qualcuno, nascosto comodamente dietro un falso profilo, aggiunge: «È da estrema eliminazione», corredando il tutto con la foto di una ventina di condannati a morte, pochi istanti prima dell’esecuzione. Sono solo alcuni dei commenti su Facebook (centinaia, e gli insulti si sprecano) con bersaglio un’insegnante la quale, secondo il politico imolese della Lega Nord Simone Carapia, avrebbe dato «come compito agli alunni il quesito: 'Come facciamo a cacciare Salvini?'».
Un’iniziativa assolutamente fuori luogo, se fosse vera. Da subito, però, si capisce che i conti non tornano del tutto. E non solo perché Carapia alterna frasi decise («È gravissimo! ») a formule più dubitative («Pare che sia il quesito proposto agli alunni». Pare? Lo è o no?). Ma soprattutto perché, dalla foto postata da lui stesso, si vede come quella frase sia stata inserita in mezzo ad altre («Come risolvere la desertificazione?», «Come smettere la guerra?»), con tanto di riferimento alla pagina di un libro di testo. Insomma, siamo sicuri che la frase su Salvini sia farina del sacco della prof e non dello studente, al quale magari è stato chiesto di formulare domande su temi da lui considerati importanti? Carapia non lo chiarisce.
Tra i vari commenti c’è quello del deputato della Lega Gianni Tonelli che si rivolge così al suo compagno di partito: «Vorrei che ti informassi per chiedere al ministro di intervenire». Per scrivere post di quel tipo e innescare una serie di commenti al veleno (non rimossi), invece, non bisognava informarsi? Il tam tam mediatico giunge allo stesso Salvini, deciso ad andare fino in fondo «per verificare se siamo di fronte a uno scherzo o a una triste realtà». Nel frattempo, sui social la prof continua a essere bersagliata da insulti. Il suo nome non c’è, ma gli esponenti leghisti locali tra una dichiarazione e l’altra qualche indizio lo danno: fanno prima sapere che si tratta della scuola media di Castel del Rio, poi danno ulteriori informazioni sulla composizione della classe.
Un caso «che non esiste nemmeno», fa sapere il direttore dell’Ufficio scolastico dell’Emilia-Romagna Stefano Versari, che per precauzione ha comunque chiesto una relazione scritta sull’accaduto: «Si tratta della 'Bottega dei desideri', una pratica didattica fatta all’inizio di un nuovo ciclo scolastico per far conoscere i bambini tra di loro e all’insegnante». Un alunno rivela un proprio sogno e, parlandone in classe, i nuovi compagni iniziano a conoscersi. Uno di quei bambini, secondo questa ricostruzione, non ha in simpatia Salvini e ha espresso quel desiderio che però l’insegnante, stando a quanto la dirigente scolastica ha riferito a Versari, avrebbe chiesto di non trascrivere.
«Auspico sia una fake news – dichiara la senatrice della Lega Lucia Borgonzoni –. Se così non fosse, l’insegnante andrebbe allontanato immediatamente dagli alunni». Se però fosse davvero una bufala, chi ripagherà la professoressa di tanto odio riversato via social?