Cyber sicurezza. Il 2,3% dei malware mondiali bloccati in Italia. Allarme spie sul web
Un miliardo e 200 milioni di malware bloccati nel mondo da gennaio 2016 a giugno 2017, di cui il 2,3% in Italia. Tremila tentativi di truffe via email sventati nel primo semestre di quest’anno, danni per le aziende che complessivamente ammontano a migliaia di miliardi di dollari. Contro questo gigantesco giro d’affari si schiera l’Enisa, l’Agenzia europea per la sicurezza delle reti e delle informazioni che, per la prima volta, si è riunita nel nostro Paese per il proprio congresso annuale, mettendo attorno ad un tavolo membri dell'Europol e dell'European Defence Agency. Una due giorni, svoltasi, a Roma, nella sede della Link Campus University, che è servita per mettere a punto le necessarie difese.
“Come contro il terrorismo –sostiene Pierluigi Paganini, direttore del corso di Cybersecurity alla Link Campus University e unico membro italiano dell’Enisa- l’Europa si compatta e si affida ad attività di intelligence per prevenire i rischi legati alla rete. Attività focalizzate lì dove le insidie si annidano: nostro compito –continua Paganini- sarà quello di analizzare dati provenienti da fonti aperte, dai social media e dall’analisi del deep e dark web”. La sicurezza del cyberspazio è un problema reale che sta complicando i bilanci delle aziende, soprattutto quelle grandi: “Per capire l’enormità di quello che sta accadendo –afferma ancora Paganini- basti pensare che NotPetya, un singolo malware, ha provocato al gigante del trasporto e della logistica, AP Moller Maersk, perdite, solo nel secondo trimestre del 2017, tra i 200 e i 300 milioni di dollari per lo stop subito dalla propria attività quotidiana. Se quel dato lo si moltiplica per tutti i malware esistenti e per tutte le aziende colpite, il fenomeno assume dimensioni gigantesche”.
Al termine dell’incontro è stato presentato il nuovo laboratorio della Link Campus University dedicato appunto alla cybersecurity. La struttura nasce per testare i sistemi hardware utilizzati in ambienti critici come quelli della videosorveglianza e per formare i primi professionisti anti-spie: “Così facendo –conclude il professor Paganini- le aziende italiane, pubbliche e private, potranno capire se, nei loro sistemi, siano presenti backdoor che mettono a rischio la loro sicurezza”.