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TOSCANA. Per vendetta getta Brunello nelle fogne

martedì 18 dicembre 2012

Avrebbe agito per vendetta l'ex dipendente dell'azienda vinicola Case Basse di Montalcino, arrestato con l'accusa di aver fatto finire nelle fogne 600 ettolitri di Brunello prodotto dalla stessa impresa per cui aveva lavorato. È quanto si spiega in una nota dei carabinieri del comando provinciale di Siena il cui nucleo investigativo, insieme ai colleghi di Montalcino, ha effettuato ieri sera l'arresto, in esecuzione di misura cautelare disposta dal gip senese Bruno Bellini, per il reato di sabotaggio.A finire  in manette Andrea Di Gisi, 39 anni, già conosciuto alle forze dell'ordine per reati contro il patrimonio, spiegano sempre i militari, sarebbe stato «mosso da vecchi rancori» nei confronti del suo ex titolare Gianfranco Soldera, il titolare dell'azienda Case Basse dove l'uomo aveva lavorato. Uno, in particolare, all'inizio del settembre scorso, dopo il quale l'uomo non avrebbe più lavorato nell'azienda. Prima di allora, a giugno, era stato redarguito perchè non aveva lubrificato adeguatamente un mezzo aziendale che si era rotto. È quanto ricostruito dai carabinieri, ascoltando anche alcuni suoi ex colleghi. A questo si sarebbe aggiunta l'invidia nei confronti degli altri dipendenti che avevano ottenuto da Soldera un mini alloggio.La scoperta dell'atto vandalico risale al 3 dicembre scorso: chi ha agito, dopo essere entrato nella cantina di Case Basse, aveva aperto i rubinetti delle botti facendo defluire nelle fogne 600 ettolitri di Brunello, distruggendo l'intera produzione di vino dal 2007 al 2012. Le indagini, coordinate dal pm Aldo Natalini, inizialmente si erano indirizzate su varie ipotesi investigative «per poi convergere su quella che ha portato all'arresto dell'odierno indagato nei cui confronti venivano raccolti molteplici e concreti elementi di responsabilità in ordine al contestato reato di sabotaggio».​I reati che sono stati contestati a De Gisi sono violazione di domicilio aggravata e sabotaggio aziendale. L'uomo si trova ora nel carcere senese di Santo Spirito e domani sarà interrogato. A incastrarlo, oltre alle testimonianze, anche un'intercettazione ambientale di una telefonata fatta al nipote: l'uomo era in auto e al telefono avrebbe raccontato di aver lavato i pantaloni che indossava la sera dell'atto vandalico sostenendo che, in fondo, si trattava di vino e che il lavaggio ne avrebbe tolto le tracce più facilmente di quanto accade per il sangue.