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Brandizzo. Il corteo a Vercelli e i punti da chiarire sulla strage degli operai

Redazione Internet lunedì 4 settembre 2023

Fiori e caschetti gialli alla stazione di Brandizzo

Non si ferma l'ondata di commozione per la morte dei 5 operai sui binari della stazione di Brandizzo, nella notte tra il 30 e il 31 agosto. Questa mattina proprio dalla piazza della stazione è partito il corteo organizzato da Cgil, Cisl e Uil, alla presenza del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, oltre a quella dei dirigenti territoriali dei sindacati. Alla testa del corteo ci sono anche i familiari delle vittime, con le fotografie dei loro cari scomparsi. Per oggi è stato proclamato uno sciopero di otto ore in provincia di Vercelli e a livello regionale nelle categorie edili e dei trasporti.

Il corteo è aperto dallo striscione 'Non abbiamo più parole', dietro al quale sfilano i sindacalisti. Partecipano al corteo il sindaco di Vercelli Andrea Corsaro e l'arcivescovo don Marco Arnolfo. "Vogliamo solo giustizia", scrivono i familiari in un altro striscione.

"Troppe volte ci troviamo a piangere persone che muoiono nello svolgimento delle proprie attività lavorative. Talvolta si tratta di fatalità, in altri casi si individuano responsabilità specifiche", ha detto monsignor Arnolfo, che ha presenziato anche all'incontro tenutosi in Prefettura al termine della manifestazione. "In questo momento così difficile", ha aggiunto Arnolfo, "richiamo i contenuti del messaggio che i vescovi italiani hanno diffuso in occasione della festa del 1 maggio dello scorso anno che, a sua volta, riprendeva un intervento precedente di papa Francesco: 'La vera ricchezza sono le persone: senza di esse non c'è comunità di lavoro, non c'è impresa, non c'è economia. La sicurezza dei luoghi di lavoro significa custodia delle risorse umane che hanno valore inestimabile agli occhi di Dio e anche agli occhi del vero imprenditore".

Lunghi i tempi per i funerali

Il tempo del dolore è dilatato anche dalla mancanza di certezze sui funerali, che sicuramente non saranno celebrati a breve. Al momento i resti delle salme sono ancora custoditi nelle camere mortuarie dell'ospedale di Chivasso, dove sono stati portati subito dopo l'incidente in attesa che un'equipe di medici legali completi, almeno in parte, le operazione di identificazione. Per questo la procura di Ivrea che coordina le indagini ha chiesto alle famiglie dettagli utili che possano facilitare il lavoro di riconoscimento, come tatuaggi, fotografie e radiografie di protesi dentarie.

Le indagini

Tre telefonate, ma nessun nulla osta concesso. È lì che qualcosa è andato storto, nelle ore in cui a Brandizzo era previsto il passaggio notturno di tre treni, proprio mentre cinque operai dovevano cambiare dei binari. E così sono mortiMichael Zanera, 34 anni, Giuseppe Sorvillo, 43 anni, Saverio Giuseppe Lombardo, 52 anni, Giuseppe Aversa, 49 anni, Kevin Laganà, 22 anni. Per ricordarli davanti alla stazione ci sono fiori e un casco giallo col cuore rosso che sanguina su entrambi i lati, foto, parenti e amici che passano con gli occhi lucidi. Il focus allora va alle procedure, al loro rispetto. "La procedura c'è - afferma il ministro alle Infrastrutture Matteo Salvini - non puoi andare a lavorare su un binario se non c'è l'autorizzazione che non passano più veicoli. È stato un drammatico errore su cui ovviamente dobbiamo andare fino in fondo, è inaccettabile". Restano da capire le ragioni, se non è stata rispettata.

Due persone sono indagate per omicidio plurimo e disastro ferroviario con dolo eventuale. Sono il capocantiere, Andrea Girardin Gibin, 52 anni, della ditta Sigifer come i cinque colleghi morti, e il tecnico di Rfi, Antonio Massa, 46 anni, che fungeva da "scorta". La colpa del primo sarebbe di avere fatto scendere sui binari i suoi operai senza prima avere il foglio col nulla osta. Per Massa invece nelle telefonate. Iniziano intorno alle 23.30 quelle in cui chiede alla centrale del movimento di Chivasso l'autorizzazione: una prima, poi una seconda. Ha in mano solo le ipotesi di finestre di lavoro, basate sugli orari previsti dei treni. Da Chivasso gli dicono "no", rinviano, "deve ancora passare un treno". Il punto potrebbe essere quale treno. In programma erano tre: l'ultimo di linea, uno che doveva trasportare vagoni da Alessandria a Torino e un terzo, previsto verso l'1.30. Alle 23.30 il primo ha già fatto il suo percorso. Il secondo no, è in ritardo, ma non è chiaro se il tecnico Rfi l'abbia confuso col precedente. Perché scende sui binari col capocantiere e i cinque. Dalla centrale gli ripetono che avrà due finestre per lavorare: tra il secondo e il terzo treno, oppure dopo il terzo e ribadiscono: "State fermi". Una terza telefonata registra il boato, la frenata, la strage è fatta. Ci sono altre due chiamate successive, ma sono solo le urla di Massa che la descrivono. La ricostruzione è nella registrazione delle telefonate, confrontate con gli orari in cui dalle telecamere della stazione si vedono gli operai sui binari. Senza che un semaforo rosso fermasse i treni, perché non era previsto si fermassero. Senza i dispositivi che si mettono sulle rotaie per segnalare quando si lavora, ma non è chiaro quando sia obbligatorio farlo. Eppure i dispositivi di sicurezza sulla linea c'erano, sarebbero dovuti scattare dei segnali luminosi, ma non è accaduto.

Di evidente c'è solo la prima ricostruzione abbozzata dei fatti di Massa e Girardin Gibin, abbastanza per fare decidere alla Procura di Ivrea (Torino) che da persone informate sui fatti divengano indagati. Hanno parlato abbastanza, tanto che la procuratrice capo di Ivrea, Gabriella Viglione, oggi dice: "Gli interrogatori dei due indagati al momento non sono programmati. Vedremo eventuali istanze, ma per ora dobbiamo approfondire la documentazione raccolta". In concreto significa che, a meno di richieste da parte dei legali degli indagati, gli interrogatori non saranno immediati. Allo stesso modo sembra prematuro ipotizzare altri indagati, mentre gli elementi da analizzare da parte degli inquirenti si allargano alla prassi. Ancora da sentire la Sigifer, così come Rfi. "Man mano che troviamo dati, valutiamo. Servono elementi concreti su cui sia utile e produttivo sentirli" spiega Viglione. Come a dire che le carte e i dati da pesare "sono tantissimi", richiedono tempo, ma insieme anche che la situazione dovrà cambiare e potrebbe accadere non appena qualche elemento lo consenta.