Coronavirus. Braccianti sempre più sfruttati: «Col Covid tutto è peggiorato»
La pandemia «non ha determinato una diminuzione dello sfruttamento, ma una sua accelerazione e il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei braccianti immigrati, per molti dei quali non è stato possibile accedere alle misure di sostegno predisposte dallo Stato». È la forte denuncia contenuta nella Relazione finale dell’indagine conoscitiva sul caporalato condotta dalle Commissioni Agricoltura e Lavoro della Camera. Un approfondimento durato due anni e mezzo. Un’attenta analisi soprattutto della legge 199 del 2016, la cosiddetta 'anticaporalato', che l’indagine conferma essere una buona legge. «Le operazioni di contrasto al caporalato hanno dimostrato in modo inequivocabile che l’impianto normativo, sul piano repressivo, è adeguato ed efficace» e «ha sortito un effetto notevolmente deterrente ».
Però, avvertono le commissioni, «si è rivelata largamente inattuata la parte preventiva ». Così si sottolinea «la necessità di individuare nuovi strumenti per debellare un fenomeno che appare ben radicato ormai in tutte le parti d’Italia». Una situazione peggiorata con la pandemia che «ha favorito una riarticolazione in senso peggiorativo dell’organizzazione dello sfruttamento lavorativo». Con «un incremento esponenziale delle ore lavorate, accompagnato da un significativo aumento del tasso di irregolarità e del rischio di incidenti anche gravi».
Mentre «il lockdown ha comportato una maggiore emarginazione sociale dei lavoratori agricoli irregolari, con aumento dei casi di violenza intraziendale, che, sovente, non sono stati denunciati, così come un sensibile peggioramento della condizione delle lavoratrici immigrate, spesso vittime di violenze e abusi». Denunciate anche «criticità riconducibili all’assenza di dispositivi di protezione individuale, al mancato accesso alle informazioni sanitarie per problemi di comprensione della lingua e alle precarie condizioni igieniche degli alloggi, che non consentono il rispetto delle regole comportamentali».
Qualche numero: 59,3% le aziende agricole irregolari nei controlli; 408 provvedimenti di sospensione imprenditoriale; appena 3.600 le aziende iscritte alla Rete del lavoro agricolo di qualità su un totale di 120mila. Molte le proposte avanzate. In primo luogo, «norme più adeguate per gestire in modo ordinato e continuativo le modalità di ingresso di lavoratori stranieri per ragioni di lavoro nel nostro Paese, data anche l’inefficienza oramai dimostrata del 'decreto flussi'». Poi la «necessità di potenziare la Rete del lavoro agricolo di qualità» istituita dalla 199, una sorta di white list della aziende agricole, anche con «una revisione complessiva del procedimento di iscrizione attraverso requisiti meno stringenti». E con «una massiccia campagna informativa, diretta a sensibilizzare i consumatori sulla necessità di scelte etiche e consapevoli nell’acquisto di prodotti agricoli, privilegiando quelli delle aziende che operano in regime di legalità». Le commissioni denunciano «l’assenza di disposizioni che prevedano un prezzo minimo garantito dei prodotti agricoli » e ribadiscono la necessità di «vietare le aste a doppio ribasso » promosse dalla Grande distribuzione.
E ancora «interventi volti a rendere meno difficoltoso l’incontro tra domanda e offerta di manodopera » per contrastare la capacità dei 'caporali' «di reperirla rapidamente, e con costi estremamente contenuti». Anche per gli alloggi e per i trasporti dei lavoratori la 199 è rimasta inattuata. In questo senso «vanno richiamate le indicazioni contenute nel Pnrr relative all’identificazione di soluzioni alloggiative dignitose» per superare il fenomeno dei 'ghetti' «che creano un terreno fertile per l’infiltrazione di gruppi criminali».
C’è poi la necessità «di un potenziamento delle strutture preposte alla vigilanza». Anche su questo il Pnrr prevede il «rafforzamento dell’Ispettorato nazionale del lavoro, con l’assunzione di circa 2mila nuovi ispettori su un organico di circa 4.500». Strettamente legata è «l’adozione di un sistema di misure volte ad assicurare la protezione e la prima assistenza delle vittime dello sfruttamento' non solo per 'incentivare e premiare la denuncia, ma anche per organizzare servizi sociali in grado di assistere i lavoratori».