Rosarno. I braccianti nella nuova tendopoli alla ricerca di dignità
La nuova tendopoli
Alle 9.30, Issa, giovane immigrato del Niger entra nella nuova tendopoli di San Ferdinando. Si guarda in giro un po’ stupito. Tutto è in ordine, pulito. I volontari della Protezione civile lo accompagnano gentilmente alla grande tenda blu che lo ospiterà. Ben altra cosa del degrado e i rischi della vecchia tendopoli che da 5 anni ospita i lavoratori migranti di Rosarno e degli altri paesi della Piana di Gioia Tauro.
Issa (nome di fantasia) è il primo, a fine giornata sono 187 i migranti che scelgono di lasciare il degrado per la nuova struttura, su circa 400 attualmente presenti. E si crea una lunga fila per le pratiche di registrazione. È il risultato di una giornata difficile, tra tensioni, mediazioni e chi ha provato, ed è in parte riuscito, a far salire la temperatura di una giornata già caldissima, attizzando le contestazioni di una minoranza rumorosa di migranti.
I più intransigenti nel bloccare l’operazione sono alcuni nigeriani, sostenuti da esponenti dell’associazione Campagne in Lotta fra i quali Veronica Padoan, figlia del ministro all’Economia, da tempo presente in situazioni simili. Attivismo che ha provocato la dura reazione del questore di Reggio Calabria Raffaele Grassi. «Le posizioni di chi ha intralciato il libero trasferimento dei migranti sono all’attenzione delle forze dell’ordine e della magistratura». Poi una precisa accusa. «Ci sono state strumentalizzazioni anche a fronte di illegalità riscontrate all’interno della vecchia tendopoli ». E ricorda «i nostri interventi su macellazioni clandestine e negozi abusivi. Mentre su altre illegalità stiamo facendo accertamenti».
Ma non solo. «Nella vecchia tendopoli alcuni hanno una forza intimidatrice – denuncia il prefetto Michele di Bari –. Noi operiamo a tutela dei più deboli. Vogliamo riportare nella legalità certi comportamenti. Non voglio pensare che chi si oppone al trasferimento dei migranti voglia che essi continuino a vivere in condizioni igienico sanitari assurde». Parole forti, al termine di una mattinata di mediazione con gli uomini delle istituzioni impegnati nel dialogo coi migranti, mentre poliziotti e carabinieri, anche reparti speciali, sono stati tenuti lontano per evitare forzature.
A guidare la difficile trattativa fin dalle 8, il questore vicario Roberto Pellicone e il dirigente del commissariato di Gioia Tauro Diego Trotta. All’ingresso della vecchia tendopoli i migranti discutono, alcuni alzano la voce. Non vogliono fotografie. C’è un grande striscione con la scritta “Documenti subito basta controlli”. Ma è loro? «C’è chi li fomenta, ma molti capiscono che vanno a stare meglio», dice una sindacalista della Flai-Cgil.
Ma il dialogo è difficile. «Il nostro interesse è che voi possiate stare bene e ora la vostra condizione è invivibile», spiega il questore vicario. «Non vogliamo andare via da una tenda per finire in altre tende», risponde un migrante. «Ma qua non vivete in maniera dignitosa», è la rassicurazione.
Ma arrivano due precise richieste. Nelle tende ci sono brandine da campeggio e alcuni chiedono reti e materassi. Interviene il parroco del 'Bosco' di Rosarno, don Roberto Meduri che spiega che al porto di Gioia Tauro ci sono reti e materassi. La Protezione civile si incarica del lavoro. Tutto ok? No. La nuova protesta è per la mensa comune. Vogliono poter cucinare autonomamente «se no, non andiamo», taglia corto uno dei più agitati. «Ma cucinare nelle tende è pericoloso», rispondono i funzionari. Tocca agli uomini della Protezione civile, guidati da Carlo Tansi, trovare una soluzione. Si metteranno piani cottura elettrici.
Ma ad alcuni non basta. «Vi abbiamo dato quel che volevate. Allora erano scuse...». Lo si capisce poco dopo quando alcuni giovani si incamminano verso la nuova tendopoli. I più attivi li bloccano. La tensione sale, ma è come se si fosse rotta la diga. Poco alla volta i migranti si spostano, chi per vedere, chi convinto.
«Il trasferimento è volontario – sottolinea il prefetto – ma la situazione era diventata una palude e negli ultimi anni si è incancrenita. Vogliamo garantire la dignità dell’accoglienza a uomini come noi». Spiega che «per lo spostamento ci vorranno alcuni giorni. Chi vorrà restare nella vecchia tendopoli lo potrà fare ma non permetteremo che siano costruite baracche. Tra 15 giorni faremo una verifica».
La nuova struttura, assicura, «resta uno strumento provvisorio, non sono case popolari. Nelle prossime settimane, in vista dell’arrivo degli stagionali, convocherò le organizzazioni agricole perché questo è un problema che va condiviso con chi utilizza questa manodopera». L’idea è coinvolgere anche i comuni della Piana per attrezzare capannoni per l’accoglienza. Ma un primo passo è stato fatto. Ne è convinto il sindaco di San Ferdinando, Andrea Tripodi. «Interrompiamo finalmente una situazione di sofferenza inaccettabile».