Attualità

IL FRONTE LEGHISTA. Bossi fa lo scettico: «Tranquilli? Non so»

Daniela Fassini mercoledì 1 giugno 2011
Solo poche parole rompono il silenzio stampa di Umberto Bossi, a ventiquattr’ore dalla 'sberla' degli esiti del voto ammi­nistrativo. Poche parole, scandite ai cronisti, uscendo da Montecito­rio che non nascondono però il malumore che aleggia fra le fila della Lega ma anche e soprattutto le perplessità e una prima rifles­sione post-voto. Il Governo va avanti ? «Per ora si. Tranquillo ? Non lo so» ha detto il leader lumbard. «Non sono preoc­cupato. Ci è già capitato di andare sotto e poi tornare su – ha aggiunto commentando l’esito amministra­tivo – Ad essere vecchi c’è un van­taggio: hai già vissuto le cose». «Ma con Berlusconi ce la si fa a risa­lire? » incalzano i cronisti. Il senatur sorride e fa una pernacchia prima di entrare in auto e lasciare Roma. È dalle urne milanesi, dal cuore di quella Padania tanto cara al Carroc­cio, ma anche dalle province del nord, come Mantova e Novara (città del governatore Roberto Cota) e dal­le più piccole Domodossola, Treca­te, Rho, Desio e Gallarate, solo per citarne alcune che lo 'schiaffo' di lunedì si fa sentire e fa guardare a un futuro diverso. A quel «colpo di fru­sta » nell’alleanza Pdl-Lega, auspica­to da Maroni subito dopo l’esito, un colpo di frusta dai contorni anco­ra sbiaditi, che potrebbero spinge­re verso la nomina di uno o due vi­ce premier o la richiesta di un go­verno tecnico capitanato da Tre­monti o da Maroni. Ma, per capire meglio la strategia del Carroccio, fanno sapere dal quartier generale milanese di via Bellerio, bisognerà attendere il raduno di Pontida, il prossimo 19 giugno. «Oggi non parlo» aveva dichiarato solo ieri mattina, il leader del Car­roccio, Umberto Bossi, entrando a Montecitorio. Ripetendo così lo schema del giorno prima, quando dal quartier generale milanese di via Bellerio dove aveva atteso gli e­siti dei ballottaggi insieme ai suoi fedelissimi, se ne era andato senza proferir parola. Una telefonata post-voto con il pre­mier Silvio Berlusconi, al quale a­vrebbe detto «andiamo avanti». Ep­poi tutti chiusi nel silenzio. E così, se l’allenza tra Pdl e Lega sem­bra non essere in discussione, per il momento, come ha fatto intendere ieri il Senatur, le riflessioni potreb- bero invece riguardare la sua lea­dership. E sullo sfondo c’è anche la base leghista: quei militanti che ur­lano il loro disagio e che pretendo­no una svolta, ben rappresentati dal­l’europarlamentare Matteo Salvini. «Non moriremo per Berlusconi – ha dichiarato ieri – Speriamo che il pre­mier abbia capito la legnata e che acceleri sulle riforme». Intanto ieri mattina, a margine del Consiglio dei ministri, a Palazzo Chi­gi, si è svolto un breve incontro tra i vertici della Lega Nord ed il respon­sabile del dicastero dell’Economia, Giulio Tremonti. Al summit infor­male erano presenti per il Carroccio il leader Umberto Bossi con i mini­stri Roberto Calderoli e Roberto Ma­roni. Probabile che i vertici leghisti e Tremonti abbiano affrontato l’op­portunità di quel 'colpo di frusta' suggerito da Maroni, un’ «un’azione forte» del governo che parta «dal ri­lancio sul terreno dell’economia, dalla riforma fiscale e federale». L’e­sponente della Lega, ieri, è sembra­to rivolgersi direttamente al mini­stro dell’Economia, specialmente quando ha precisato che il rilancio e la riforma fiscale non possono es­sere 'a costo zero'. Ma sul breve incontro, Maroni ha minimizzato: «Non è stato un mini­vertice: noi leghisti padani siamo non solo puntuali, ma sempre in an­ticipo, e ci siamo trovati io, Bossi e Calderoli nell’anticamera a Palazzo Chigi, poi si è unito Tremonti e ab­biamo commentato le cose» ha pre­cisato aggiungendo anche che «non è Tremonti ad essere sotto attacco ma è la maggioranza sotto attacco dal voto degli italiani».