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600 euro. Bonus Inps: M5s sospende Rizzone e la Lega esclude i furbetti dalle liste

Nicola Pini venerdì 14 agosto 2020

Dimissioni e cancellazione dalle liste elettorali per i tre consiglieri regionali della Lega in Veneto, tra cui il vicepresidente, che hanno chiesto i 600 euro destinati alle partite Iva in difficoltà. Il giorno dopo la sospensione dei due deputati Andrea Dara e Elena Murelli, il partito di Matteo Salvini prosegue il repulisti interno dai “furbetti del bonus”. Ma lo scandalo di mezza estate colpisce anche il M5s, che corre a sua volta ai ripari. In serata Vito Crimi ha comunicato di avere «deferito al collegio dei probiviri chiedendone la sospensione immediata e massima severità nella sanzione, il deputato Marco Rizzone». E’ lui il terzo parlamentare ad avere incassato l’indennità. Restano ancora ignoti invece i nomi degli altri due deputati, un leghista e un esponente di Italia Viva, che avrebbero chiesto, senza ottenerla, l’indennità governativa che nei primi due mesi poteva essere data ad autonomi e professionisti senza limiti di reddito.

Scovati i furbetti scatta dunque la “scomunica” dei partiti di appartenenza, con la Lega in qualche modo obbligata alla linea dura come forza politica maggiormente coinvolta nel caso. Oltre ai parlamentari sarebbero otto i consiglieri regionali dell’ex Carroccio nel mirino: oltre ai tre veneti, due in Piemonte e uno in Emilia, Lombardia e Liguria. In Veneto l’annuncio è arrivato dal presidente Luca Zaia: il numero due Gianluca Forcolin «si dimette da tutte le cariche e non verrà ricandidato, ha detto, così come gli altri due consiglieri, Riccardo Barbisan e Alessandro Montagnoli. «Sono persone affrante, che si rendono conto dell’accaduto e non avranno la ricandidatura. Ora per me la partita è chiusa», ha aggiunto.

Forcolin non l’ha presa bene: «Non sono furbetto. E poi il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, è ancora al suo posto e io vengo cacciato dalle liste per una pratica inevasa? Io non sono neanche presente negli elenchi dell’Inps», ha commentato.

Coinvolti anche un consigliere piemontese del Pd e uno friulano di Forza Italia. Nel Lazio l’ex sindaco di Amatrice e ora consigliere regionale di Fdi, Sergio Pirozzi, ha fatto sapere di non aver beneficiato direttamente del bonus, ma che lo ha chiesto sua moglie «autonomamente per mandare avanti la sua piccola edicola».

Ma se c’è una partita che riguarda gli esponenti politici coinvolti ce n’è un’altra che coinvolge il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, che questa mattina sarà in audizione in videoconferenza alla commissione Lavoro della Camera. Il numero uno dell’Istituto, un economista vicino al Movimento 5 stelle, potrà questa mattina alzare il velo su tutti i nomi dei “furbetti”, in Parlamento e nelle Regioni, ma dovrà soprattutto difendersi dalle accuse dei non solo dei partiti del centrodestra ma anche di Iv. La seduta sarà trasmessa in streaming sulla web tv della Camera, una decisione presa su richiesta dell’opposizione e dopo un braccio di ferro di qualche ora.

Tridico riferirà sulle modalità di erogazione del bonus partite Iva e sulle attività di monitoraggio e vigilanza messe in campo dall’istituto e in particolare dall’ufficio antifrodi, la struttura interna che avrebbe individuato i politici che hanno avuto il sussidio. Ma dal momento che la richiesta dei 600 euro era inizialmente destinata a tutti gli autonomi senza distinzioni di reddito o condizione professionale, secondo le opposizioni la miccia dello scandalo sarebbe stata accesa per favorire il Movimento, un’operazione politica orchestrata a un mese dal referendum sul taglio dei parlamentari.

Tridico ha già seccamente respinto l’accusa ma oggi virtualmente sarà sul banco degli imputati e dovrà spiegare e difendersi. E non solo sul bonus agli onorevoli, perché l’Inps è sotto tiro da mesi anche per i ritardi nei pagamenti della cassa integrazione. Da giorni partono richieste per le sue dimissioni. «Mi domando cosa aspetti a lasciare. Ha pagato i bonus ai parlamentari e non le Cig», ha detto ieri Salvini.

Quando Murelli in aula parlava contro l'elemosina dei 600 euro

Elena Murelli, parlamentare sospesa dalla Lega - Screenshot

«Abbiamo accettato l’elemosina dei 600 euro». Era meno di un mese fa, il 23 luglio scorso, quando la deputata Elena Murelli (oggi sospesa dal proprio partito, la Lega) prendeva la parola in aula per un intervento in cui attaccava il governo per aver fatto troppo poco, usando queste parole. Una «elemosina» che lei per prima, intanto, era corsa ad accettare.

In un altro passaggio, attaccava ancora prendendosela con i migranti in arrivo e affermando: «Siccome stiamo uscendo da questa situazione di emergenza e non sapete come mantenere la poltrona, allora importate il Covid. Non è una questione di razzismo, ma di buonsenso e di sicurezza sanitaria pubblica. Andate in Europa a chiedere fondi e poi nei fatti rovinate l’immagine dell’Italia all’estero». Fu un intervento contestato: prima della fine i colleghi di M5s, Pd e Leu abbandonarono l’aula per protesta contro queste parole.