Attualità

L'intervista. Boldrini: misure contro le stragi di migranti

Giovanni Grasso mercoledì 23 luglio 2014
«Di fronte all’ecatombe quotidiana di vite umane nel Mediterraneo, addolorarsi, scandalizzarsi è giusto e doveroso, ma è troppo poco: serve una politica internazionale di largo respiro che affronti in profondità le cause scatenanti dei conflitti, che sono alla base degli esodi forzati. E bisogna trovare anche un modo concreto per far sì che chi cerca protezione sia sottratto dalle mani rapaci e violente dei trafficanti ». Nonostante siano decenni che si occupa delle tematiche dei rifugiati, la presidente della Camera Laura Boldrini continua ad appassionarsi e a sdegnarsi «contro la miopia di chi, demagogicamente, riduce l’immensa e planetaria tragedia umanitaria a un problema di frontiere nazionali». Presidente, siamo ancora una volta in piena emergenza sbarchi… Sono molto preoccupata, perché le tante crisi in corso stanno generando il più alto numero di rifugiati dalla Seconda Guerra mondiale. Inoltre, da troppo tempo ormai è in corso una vera e propria guerra tra gli uomini e il mare. Il Mediterraneo non è solo un’enorme tomba a cielo aperto, ma anche il luogo dove vengono compiute violenze indicibili e crudeltà inaudite. Dobbiamo essere fieri come italiani che la Marina, la Capitaneria di Porto, la Guardia di Finanza e altre istituzioni nazionali siano in campo per salvare vite umane. Ma questo non basta più… Servono iniziative coordinate a livello internazionale. Per fare cosa? Da troppo tempo stiamo cercando di curare i sintomi e non la malattia. Curare la malattia significa soprattutto incidere sulle crisi sui conflitti, che generano migliaia di rifugiati. Non è un caso che il 50 per cento dei rifugiati vengano da due Paesi, l’Eritrea e la Siria, dove la situazione è insostenibile. Del resto, tra la certezza di rimanere uccisi nel proprio Paese e una pur tenue speranza di riuscire a salvarsi attraverso il mare, le persone preferiscono giocarsi la carta della speranza, per loro e per i propri figli. Serve un impegno urgente dell’Ue, delle istituzioni internazionali, che devono prendere parte attiva nelle trattative di pace, sostenere maggiormente, anche attraverso la leva della cooperazione internazionale, le transizioni democratiche, e devono sanzionare più severamente quei governi che non rispettano i diritti umani e perseguitano i propri cittadini. È un discorso fondamentale. Ma riguarda i tempi medi e lunghi. Nell’immediato cosa si può fare? Dobbiamo strappare i richiedenti asilo dalle grinfie dei trafficanti. Questo è un progetto che si può realizzare in diversi modi. Alcuni esempi: si può pensare a vagliare le domande di asilo nei Paesi di transito (Egitto, Giordania, Libano, ecc.) trasferendo poi coloro che hanno bisogno di protezione verso altri Paesi, anche attraverso programmi di reinsediamento. Ossia i Paesi membri dell’Ue decidono quali persone, quali famiglie, quali comunità trasferire sul proprio territorio. Inoltre si può pensare a permessi di soggiorno temporanei, legati alla durata delle emergenze, misura prevista da una direttiva europea ancora non attuata. C’è infine il discorso del pattugliamento e del salvataggio in mare. Accanto a  Mare Nostrum dovrebbero partire iniziative analoghe. L’ideale sarebbe che l’agenzia europea Frontex, nata per il controllo delle frontiere esterne, includesse nel suo mandato anche il salvataggio. E sarebbe un’ottima idea quella di creare una figura unica di coordinamento a livello dell’Unione Europea per le azioni di salvataggio in mare. L’obiezione che spesso si sente muovere a questi discorsi è questa: ah, ma così invogliamo i profughi a venire in Europa… Sono discorsi miopi, demagogici e per questo privi di senso. Siamo di fronte a un fenomeno drammatico ed enorme, che coinvolge intere aree del Pianeta. In Italia si discute se siano troppi 80 mila profughi rispetto a una popolazione di circa 60 milioni. In Libano, che ha una popolazione di 4 milioni di abitanti, c’è un milione di rifugiati. E il Libano non è dall’altra parte del mondo, è solo dall’altra parte del Mediterraneo. I numeri non si discutono: il 2013 è stato l’annus horribilis per i rifugiati, 50 milioni, la cifra più alta degli ultimi decenni. Ma è una cifra collegata direttamente all’aumento delle guerre, dei conflitti locali, delle persecuzioni. Quando si affronta questo problema bisogna mettere da parte gli interessi elettorali e guardare con una visione ampia e lungimirante. Verrebbe da sorridere, se non fosse tragico, quando si sente qualche esponente politico che ripete continuamente questo ritornello: aiutiamoli a casa loro! La verità è che spesso queste persone la casa non ce l’hanno più. Solo in Siria, le persone che hanno perso la casa sono 9 milioni. Così come quando si accusa Mare Nostrum di aumentare il numero di migranti, invogliando la gente a venire in Italia. Quello che aumenta è solo il numero delle vite salvate in mare. Quando sei disperato, quando fuggi dalla morte e dalle persecuzioni, sei pronto a tutto, anche a imbarcarti su carrette del mare, affidando le tue ultime speranze e i tuoi ultimi soldi a criminali senza scrupoli. Non deve succedere più.