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IL CASO. Santa Sede: la pubblicazione di lettere private è un crimine Boffo: voglio difendere la Chiesa

sabato 19 maggio 2012
Dino Boffo ha scelto gli studi di Tv2000, di cui è direttore, per rispondere alla pubblicazione, nell'ultimo libro di Gianluigi Nuzzi, "Sua Santità", delle sue lettere riservate dirette a Papa Benedetto XVI. Nell'intervista Boffo non è entrato nel merito del contenuto delle lettere, ma ha difeso la sua strategia del "silenzio" davanti agli attacchi di cui era stato fatto oggetto nell'estate del 2009: "Attaccato, non risposi". "Non avevo nulla da nascondere, avevo scelto il silenzio perché parlare per metà sarebbe stato un parlare non giusto - ha spiegato - la verità o si dice o non la si dice".Ma la sua preoccupazione fondamentale, ha spiegato Boffo ai telespettatori, è stata quella di tutelare il bene della Chiesa, "perché la Chiesa è mia madre, e la madre è bella".Boffo ha detto di non voler "denigrare" il "collega Nuzzi" ma lo ha definito un "ricettatore" per aver accettato e deciso di pubblicare documenti frutto certamente, a suo dire, di un "furto", di un "latrocinio". "Noi giornalisti - dice l'ex-direttore di Avvenire - rispondiamo all'assioma che la verità non va mai taciuta" ma questo vale "finché si non toccano i diritti fondamentali delle persone, i diritti di privatezza".In risposta alla pubblicazione del libro, Boffo ha invocato l'intervento del Garante della privacy e della Authority della comunicazione, si chiede come possa essere così debole la sicurezza in Vaticano da far sì che lettere confidenziali scritte all'appartamento papale vengono rese note in un un libro", suggerisce cambiamenti alle leggi nazionali e internazionali per evitare che si ripetano simili casi di "discutibilissimo diritto di cronaca".LA SANTA SEDE: PUBBLICAZIONE DOCUMENTI PRIVATI È ATTO CRIMINOSO"La nuova pubblicazione di documenti della Santa Sede e di documenti privati del Santo Padre non si presenta più come una discutibile, e obiettivamente diffamatoria, iniziativa giornalistica, ma assume chiaramente i caratteri di un atto criminoso". Così una nota della sala stampa vaticana."Il Santo Padre - prosegue la nota - ma anche diversi dei suoi collaboratori e dei mittenti di messaggi a Lui diretti, hanno visto violati i loro diritti personali di riservatezza e di libertà di corrispondenza. La Santa Sede - si legge ancora - continuerà ad approfondire i diversi risvolti di questi atti di violazione della privacy e della dignità del Santo Padre, come persona e come suprema Autorità della Chiesa e dello Stato della Città del Vaticano e compirà i passi opportuni, affinché gli attori del furto, della ricettazione e della divulgazione di notizie segrete, nonché dell'uso anche commerciale di documenti privati, illegittimamente appresi e detenuti, rispondano dei loro atti davanti alla giustizia. Se necessario chiederà a tal fine la collaborazione internazionale".