Unicef. Bimbi e donne: l'Aids non è uguale per tutti
Sono stati 120.000 i minori sotto i 14 anni morti nel 2016 per cause legate all’Aids. Ogni ora 18 bambini vengono colpiti da Hiv: se la tendenza dovesse persistere, nel 2030 sarebbero 3,5 milioni i casi di adolescenti affetti dal virus. Cifre pesanti dalle proiezioni dell’«Aggiornamento statistico sui bambini e l’Aids» dell’Unicef, diramato ieri in occasione della Giornata mondiale: «È inaccettabile che continuiamo a vedere tanti bambini morire di Aids e che facciamo così pochi progressi per proteggere gli adolescenti dalle infezioni – ha dichiarato il dottor Chewe Luo, responsabile Unicef per l’Hiv –. La diffusione dell’Aids non è affatto finita e continua a essere una minaccia per i giovani. Si può e si deve fare di più per prevenirla».
Il problema è come. Un’analisi del medesimo ente delle Nazioni Unite rivela che gli obiettivi fissati dal piano «2020 Super- Fast-Track» sviluppato per porre fine entro pochi anni all’Aids fra i bambini non saranno raggiunti. I progressi hanno riguardato soprattutto la prevenzione della trasmissione dell’Hiv tra madre e figlio: dal 2000 a oggi sono stati evitati così circa 2 milioni di nuovi casi. Tuttavia i bambini malati sotto i 4 anni sono ancora ad alto rischio di morte, anche perché solo il 43% di essi riceve le cure antiretrovirali durante i primi due mesi di vita, come sarebbe raccomandato.
Anche in Italia – secondo i dati del Registro italiano per l’infezione da Hiv in pediatria – negli ultimi 10 anni almeno 82 neonati (su oltre 11 mila nati da madre hiv-positiva) hanno acquisito il morbo: non è una cifra consolante, dato che la trasmissione madre-figlio può essere prevenuta e praticamente azzerata con la terapia in gravidanza.
Gli 82 infettati sono nati da donne che non avevano fatto il test o hanno rifiutato la terapia, il che ha comportato nei figli 26 casi di Aids e due decessi. Salendo con l’età, l’Unicef osserva che i progressi per prevenire nuovi casi e migliorare il controllo e la cura fra gli adolescenti sono inaccettabilmente lenti; solo nel 2016, 55.000 ragazzi tra i 10 e i 19 anni sono morti per cause legate all`Aids, il 91% dei quali in Africa subsahariana.
I dati rivelano una disparità di genere preoccupante: per ogni 5 maschi adolescenti che convivono con l`Hiv, sono 7 le ragazze della stessa età. Anche la Comunità di Sant’Egidio attira l’attenzione sulle africane: tra loro l’Aids è tuttora un grande flagello e rappresenta la seconda causa di morte, molto più che negli uomini. Oltre 25 milioni di malati di Hiv e 3 morti su 4 per Aids provengono dal continente nero.
«Una sfida – segnala la comunità romana, da anni in lotta contro la malattia con il progetto Dream – è l’accesso universale alle cure. I dati globali sulla diffusione della pandemia sono incoraggianti: le nuove infezioni si sono ridotte del 16% dal 2010 e la mortalità quasi dimezzata, ma tanto resta ancora da fare se si considera che ogni giorno del 2016 si sono registrati 5.000 nuovi casi».