E alla fine parlò Silvio Berlusconi: «Sono completamente estraneo a questi tentativi di condizionare il Quirinale, impropri e brutali». Difende la «giusta» scelta del Colle di sollevare conflitto di attribuzione presso la Consulta. «Ma questi tentativi - entra nel merito dei sospetti sollevati da più parti per l’uscita di
Panorama - non riguardano il settimanale di Mondadori, ma i comportamenti di una Procura e i portavoce a mezzo stampa». Dando l’ok a Monti, anzi rivendica, «mi sono comportato da uomo di Stato e da patriota, proprio per evitare manovre torbide».Per confutare dubbi e sospetti Berlusconi aveva inviato sul Colle Gianni Letta, e ne aveva ricavato la conferma di una delusione che serpeggiava anche da quelle parti per la scelta di un giornale "di famiglia" di andarsi a infilare nel verminaio, ipotizzando ricatti al capo dello Stato per la storia delle intercettazioni non distrutte dalla Procura di Palermo. «Ho un rapporto consolidato e leale con Napolitano, lo considero un impeccabile servitore della Repubblica», assicura il Cavaliere. Che sceglie un’intervista al
Foglio, fra i giornali di area sostenitore convinto di Monti. «Non gioisco - dice - se per calcoli politici di bassa lega questo metodo sia arrivato a lambire la massima istituzione dello Stato». Non è sorpreso, poi, dalle strane relazioni che intercorsero, riemerse in questi giorni, fra Antonio Di Pietro e diplomatici statunitense, ai tempi di Mani pulite. Parla di «piccole trame di un magistrato voglioso di riconoscimento politico». E anche se sono fatti di 20 anni fa l’allusione all’attualità è evidente. Perché «senza una radicale riforma della giustizia - attacca - l’Italia non si salva».E così il tema torna ad essere quello delle intercettazioni, sebbene il Colle sia perplesso per l’accostamento fra il nodo dell’intervento da effettuare sulla riservatezza delle conversazioni, e quello delle prerogative del Quirinale, da valutare alla luce delle leggi vigenti, Costituzione in primis. Tuttavia sul tema degli «abusi» anche Monti si è impegnato a porvi rimedio. «Non vedo ragioni per non intervenire», si schiera Pier Ferdinando Casini, che parla di «inciviltà giuridica» da rimuovere. Dalla parte di Napolitano anche Nichi Vendola, che ne rimarca la «storia limpida», il ruolo di «garanzia e unità». E il leader di Sel apre alle intercettazioni parlando di «vuoto normativo», accusando però il Pdl di voler «indebolire l’autonomia dei magistrati».«Evitiamo blitz sulle intercettazioni, vista l’urgenza del ddl anti-corruzione - avverte la capogruppo del Pd in Commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti -. La proposta Alfano non va, anche con le successive modifiche». Ma il Pdl, con il capogruppo alla Camera in Commissione Giustizia Enrico Costa, insiste: «La materia della giustizia va affrontata complessivamente». E sull’anticorruzione «il governo - avverte - eviti forzature con la fiducia».