L’«attentato», come ormai lo chiamava in privato, l’ha sventato (almeno così pare) schierando i suoi fedelissimi come un plotone di esecuzione che spara note alla stampa anziché pallottole. Berlusconi piega (per il momento) la «pazza idea» della patrimoniale, che per qualche ora aveva ricevuto sponde sia tra i leghisti sia tra i parlamentari tremontiana. E ieri sera, a palazzo Grazioli, a Bossi e al ministro dell’Economia ha ribadito il concetto: «Abbiamo l’occasione storica per fare quelle riforme strutturali e liberali che i poteri forti di sinistra hanno sempre ostacolato... e noi che facciamo? Mettiamo le mani in tasche agli italiani?». Parole quasi superflue, visto che poche ore prima era giunta la significativa marcia indietro di Reguzzoni, capogruppo del Carroccio alla Camera, molto legato al Senatur: «Escludo qualsiasi tipo di patrimoniale. Però...».La condizione del Carroccio per archiviare la supertassa la esplicita Bossi in persona durante il summit: «Come tu non vuoi la patrimoniale, come i tuoi minacciano di non votarla in Aula, i nostri non permetteranno che si tocchino le pensioni». Punto e a capo. Ricomincia la caccia alle misure che lievitano nel seno dell’esecutivo. «Tagli alla politica», grida
La Padania in prima pagina. E il ministro Romani, lasciando un vertice Pdl in via dell’Umiltà, ad una signora indignata per i mensili dei parlamentari ha risposto con sicurezza: «Vedrà cosa stiamo preparando...». Immediata parte la voce di corridoio: nuova e più decisa scure sugli stipendi, interventi sui costi politici delle regioni, accorpamenti e chiusure di enti... Nel corpaccione del Pdl, il più agitato in questo frangente, si mormora di tutto (oltre a parole ormai usate come totem, tipo «privatizzazioni» e «liberalizzazioni»): chi accenna ad un’imposizione sulle seconde case, chi riesuma condoni fiscali ed edilizi.Berlusconi pensa però di poter spezzare il veto del Senatur sulle pensioni, o almeno di ammorbidirlo. Considera la riforma del sistema previdenziale «pienamente di centrodestra» e «necessaria per il pareggio di bilancio», e fa leva sul fattore "tempo che stringe" per convincere l’alleato ad ingoiare il boccone. Ieri sera, per alimentare il forcing, ha fatto sedere a fianco a sé Angelino Alfano, e, nonostante i rapporti siano tornati gelidi, ha chiesto la moral suasion di Tremonti. A suo modo di vedere, dunque, la trattativa è ancora aperta, e di fronte alle resistenze della truppa leghista (con Bossi c’erano Calderoli, Reguzzoni, Bricolo e Rosy Mauro), è tornato ad elencare le richieste «confidenziali» della Bce e i dati sinistri delle Borse globali. In piena notte si considera vicino l’accordo almeno sull’innalzamento delle età per le donne e sull’inasprimento dei coefficienti. In realtà, nemmeno il premier può del tutto ritenersi al riparo dall’«attentato» della patrimoniale. L’idea continua a circolare contro la sua volontà. I sospetti sui mandanti vanno verso i «socialisti» dell’esecutivo. E tutti ricordano il passato Psi di Tremonti, Sacconi, Brunetta... (M.Ias.)