«La mobilitazione permanente è necessaria per contrastare i disfattismi e i personalismi di chi antepone i propri particolari interessi al bene di tutti, al bene del Paese». Silvio Berlusconi scrive una lettera al Clud delle Libertà, difende l'operato del governo al termine delle burrascose settimane dello strappo con i finiani e chiama "alle armi" i militanti del Pdl. Gli iscritti del Popolo della Libertà, dice, devono «essere il megafono dell'azione di Governo sul territorio».Nessun cenno diretto alla vicenda Fini, ma in un passaggio del suo intervento il premier afferma polemicamente che al termine di «un anno difficile» il governo «ha affrontato con determinazione, con efficacia e con competenza le sfide per un'Italia più moderna e sicura. In questi ultimi dieci giorni, - aggiunge Berlusconi - mentre altri producevano le solite chiacchiere, noi abbiamo approvato quattro importanti provvedimenti».«Siamo di fronte a una crisi politica della maggioranza - replica il Pd con Vasco Errani - la maggioranza che ha vinto le elezioni non c'è più, ma soprattutto il governo non ha una strategia. Invece di annunciare mobilitazioni bisognerebbe che il presidente del Consiglio andasse in parlamento e facesse una verifica per vedere se la maggioranza c'è o no».
LA CASA DI MONTECARLONon si placano intanto le polemiche attorno alla casa di Montecarlo in affitto al fratello della compagna di Gianfranco Fini. All'indomani della nota dell'inquilino di Montecitorio, la stampa vicina al premier accosta la vicenda di Fini a quella di Claudio Scajola e lancia una raccolta di firme per chiedere le dimissioni dell'ex leader di An. Richiesta rilanciata dal portavoce del Pdl, Daniele Capezzone, secondo cui «se Gianfranco Fini vuole compiere un atto di dignità e non di viltà politica, deve rassegnare le dimissioni da presidente della Camera». Più cauto invece il capogruppo del partito, Fabrizio Cicchitto. «Siamo in alto mare - ammette riferendosi ai rapporti con i finiani - e la verifica si farà nella sede del governo». Tuttavia, aggiunge, «non si cercherà un'intesa a ogni costo, ma neppure ci si muoverà con intenti provocatori per determinare la rottura».La richiesta a Fini di lasciare lo scranno più alto di Montecitorio è «irricevibile e irresponsabile», ribatte Italo Bocchino, capogruppo di Futuro e libertà alla Camera. Ma mentre sulla palazzo deserto per le vacanze estive continua ad aleggiare lo spettro delle elezioni anticipate è il ministro dell'Interno Roberto Maroni minaccia la truppa finiana di Futuro e Libertà: «Non sono contento di andare alle elezioni - spiega l'esponente leghista - ma se i finiani dovessero ancora votare come l'Udc allora significherebbe che sono passati dall'altra parte. Non ci sarebbe altra scelta».