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VENTI DI CRISI. Alfano "sfiducia" Monti: «L'esperienza è conclusa»

Roberta D'Angelo giovedì 6 dicembre 2012

"Consideriamo conclusa l'esperienza di questo governo. Questo non ha nulla a che fare con la persona di Monti, con il suo servire le Istituzioni e con con sua lealtà nelle forze politiche e con noi in particolare". Lo afferma il segretario del Pdl Angelino Alfano in aula alla Camera. "Ieri non abbiamo votato la sfiducia" al governo "perchè avremmo causato l'abisso dell'esercizio provvisorio. Vogliamo concludere ordinatamente questa legislatura" senza strappi e senza "mandare le istituzioni e il Paese allo scatafascio" ha assicurato Alfano.LA DOPPIA ASTENSIONELa mossa Silvio Berlusconi la meditava da tempo. Ma i suoi appaiono spiazzati, quando al Senato il capogruppo Maurizio Gasparri avvisa che l’ordine di scuderia è quello di astenersi sul decreto Sviluppo. È l’inizio di una battaglia contro il governo, che prosegue di lì a poco a Montecitorio, dove è al voto la legge per il contenimento dei costi della politica negli enti locali, in una giornata di fibrillazioni per Mario Monti, sul quale si addensa una nuvola nera che minaccia la fine anticipata del suo esecutivo. Il Pdl si sfila dalla maggioranza, anche se per ora la scelta ha più il sapore di un avvertimento, perché il partito del Cavaliere consente l’esito positivo dei due voti di fiducia al voto delle Camere. Pd e Udc insorgono, e il Colle fa un appello alla calma. Bocce ferme, ma per i lavori parlamentari in corso la legislatura potrebbe non essere più sufficiente.Dunque ieri è stato solo un assaggio della strategia dell’ultima versione di Berlusconi, ridisceso in campo. Sicuramente l’effetto sorpresa surriscalda il clima. Ma che il Pdl non mette nei guai il governo lo conferma subito lo stesso capogruppo. «La nostra decisione di annunciare una posizione di astensione consente comunque che il provvedimento venga approvato», spiega Maurizio Gasparri. «Noi la responsabilità verso l’Italia l’abbiamo sempre dimostrata e lo faremo anche in altri passaggi importanti».Passa qualche ora e si replica a Montecitorio. Pure qui, in Aula c’è uno dei provvedimenti voluti anche dal Pdl, quello per riavvicinare gli elettori alla politica, riducendone i costi. Ma nulla vale per gli uomini del Cavaliere: «La misura è colma, per questo prendiamo le distanze da questo esecutivo», avverte con toni drammatici Fabrizio Cicchitto. Cosa può aver scatenato il Pdl non appare chiaro. C’è chi imputa al commento poco soddisfatto per il ritorno in scena di Berlusconi fatto dal ministro Passera ieri mattina in tv. «Tornare indietro non è un bene per l’Italia», ha detto il responsabile dello Sviluppo Economico. Nessun passo indietro a causa di Passera, ma un «serio» dissenso sulla politica economica di questo governo, smentisce lo stesso Cicchitto. «Tre erano gli obiettivi dell’esecutivo: rigore, crescita ed equità. Rigore ce n’è stato in modo straordinario ed eccezionale, al di là anche di quello che era richiesto dalla logica economica. Crescita zero. Equità zero», secondo il capogruppo Pdl.Ma è il segretario Angelino Alfano a smentire le altre due indiscrezioni che girano nei corridoi: l’astensione – dice – è «il segno evidente di un nostro disagio per come stanno andando le cose nel nostro Paese. Dopo 13 mesi di governo, chiamato a risolvere la crisi, le cose vanno peggio». Nessun collegamento con le scelte che il governo sta per fare nel Consiglio dei ministri sul decreto per l’incandidabilità e l’election day. «L’approvazione del provvedimento sull’incandidabilità nasce dall’attuazione di una legge il cui primo firmatario è il sottoscritto. Questa legge prevedeva una delega che oggi è stata attuata. Non abbiamo alcuna difficoltà a riconoscere il decreto incandidabilità e non vi è alcun nesso con il nostro presidente, che è colui il quale ha voluto questo ddl, e che ha la certezza di essere assolto», scandisce, a smentire chi pensa che il Cavaliere abbia qualcosa da chiedere all’esecutivo. Lo stesso vale per l’accorpamento della data delle elezioni politiche e regionali. «Abbiamo sempre detto che ci sembrava una scelta folle far votare decine di milioni di italiani i primi di febbraio e altri il 10 marzo», continua Alfano.Insomma, il Pdl cerca di contestualizzare la protesta, ma tra le sue fila iniziano le defezioni. A Montecitorio in 5 si sfilano. Tra loro Franco Frattini, Alfredo Mantovano e Gennaro Malgieri. Isabella Bertolini, già fuori dal Pdl, si adopera subito per reclutarli. Al momento del voto, 48 deputati del Pdl sono gli assenti. Il governo ottiene la fiducia, ma inizia a farsi i conti: senza il Pdl, a Montecitorio avrebbe 294 voti sui 316 necessari; al Senato 147 su 158.Monti attende indicazioni dal Colle, anche perché dal Pd la capogruppo al Senato Anna Finocchiaro gli chiede di andare al Quirinale, ma Napolitano getta acqua sul fuoco. Qualcosa però è cambiato e la soddisfazione si legge dietro le quinte, nei volti del quartier generale del Pd. Pier Luigi Bersani rassicura ancora Monti della lealtà del suo partito. In aula il capogruppo Dario Franceschini si accalora contro il gesto «incomprensibile e irresponsabile» del Pdl. Prima di lui il leader dell’Udc è ancora più duro e parla di «avventurismo» di Berlusconi, che rischierebbe di mandare in fumo i sacrifici fatti dagli italiani.Più tardi il segretario democratico incontra Casini per fare il punto della situazione, che lo vede forte della vittoria delle primarie e più forte ancora per i sondaggi.