Attualità

L'ULTIMATUM DEL CAVALIERE. «O governo di legislatura o si voti subito»

Arturo Celletti giovedì 11 aprile 2013
«Come faccio a essere ottimista? Come? Come?». Silvio Berlusconi ripete quell’ultimo interrogativo tre volte. Quasi meccanicamente. Poi, abbassando il tono della voce, confessa tutti i suoi dubbi su una «complicatissima» intesa con Pier Luigi Bersani. «È tutto ancora drammaticamente vago e terribilmente interlocutorio. E non uso a caso questi due aggettivi». Chi siede davanti al Cavaliere ascolta silenzioso quello sfogo che arriva dodici ore dopo il "faccia a faccia" romano. «Bersani pare non avere la consapevolezza della gravità del momento. Parla solo di Quirinale e non capisce che serve un governo forte, politico, capace di durare una legislatura». Prende fiato Berlusconi e resta per una manciata di secondi in silenzio. «... Per uscire dalla crisi e per far perdere forza all’antipolitica di Grillo servono anni, non settimane. E io a due cose dico no. No all’idea che si proceda con trattative separate su Colle e governo. E no a un esecutivo di scopo che non so nemmeno a che cosa possa servire». Cammina avanti e indietro l’ex premier. Poi, con la testa alla manifestazione fissata per sabato a Bari, anticipa l’ultimatum: «Non basta parlare di Quirinale. L’Italia ha bisogno di un governo forte. O c’è o si voti. Ora. Subito. Già a fine giugno. Perché l’unica cosa che nessuno di noi può permettersi è far perdere tempo al Paese».Nessuno sa come andrà a finire e nessuno azzarda ipotesi. Nelle prossime ore Bersani e Berlusconi torneranno a sentirsi telefonicamente e martedì (a due giorni dal via alle votazioni sul Quirinale) dovrebbero tornare a vedersi: o per siglare l’intesa o per ammettere l’impossibilità di un accordo. Oggi, però, tutto è complicato e le distanze restano profonde. Bersani sceglie le telecamere del Tg1 per spiegare di non sentirsi responsabile per la mancanza di un governo e per rilanciare l’ipotesi di un esecutivo di cambiamento. Una posizione che Vendola (dopo un "faccia a faccia" proprio con il segretario Pd) ha già fatto sua e spiegato con parole chiare arricchendola di nuovi elementi: «Siamo impegnati perché il nuovo capo dello Stato possa dare incarico pieno a Bersani per andare davanti alle Camere a proporre il suo governo di cambiamento». E ancora: «Credo che il Movimento 5 Stelle si trovi di fronte a un bivio: può contribuire allo sblocco della situazione di stallo accettando il confronto o può invece contribuire a incancrenire ulteriormente la situazione politica».Tutto il Pdl osserva incredulo. Anche Schifani sceglie il Tg1 per affondare il colpo: «Non è colpa del Pdl se dopo un mese e mezzo l’Italia non ha un governo. Bersani insiste per un esecutivo di cambiamento, ma anche noi siamo per cambiare il Paese... Allora, facciamolo insieme. Se così non fosse, meglio votare». È questa la linea del Pdl e Berlusconi la mette nero su bianco preparando il discorso di Bari. Un discorso duro. Quasi da campagna elettorale. Un discorso che a tratti il Cavaliere torna a limare e a rileggere a bassa voce: «... Io un governo che duri quattro mesi non lo faccio nemmeno partire. Io sono pronto a votare».È una partita di poker, dove i due leader rispondono a un primo bluff con un contro bluff. «Bersani – ragiona Berlusconi con i collaboratori più ascoltati – non mi spaventa con le sue minacce. Voglio vederlo votare un capo dello Stato ostile e metà del Paese strizzando l’occhio a Cinque Stelle... Il Pd andrebbe in pezzi e magari si potrebbe aprire una partita nuova con un interlocutore consapevole che la strada è un governo politico Pd-Pdl». Intanto si continua a ragionare sulla possibile rosa di nomi condivisi. Oggi scende Marini e sale Amato. Ma parallelamente prende forza il nome di due ministri in carica: Anna Maria Cancellieri e Paola Severino.