Attualità

Politica e giustizia. Berlusconi sferza le toghe

Vincenzo R. Spagnolo venerdì 18 aprile 2014
«Veniamo alla prossima domanda...». La conferenza stampa per la presentazione delle liste di Forza Italia alle Europee sta per finire, ma Silvio Berlusconi conserva la sua verve e alla sollecitazione di una cronista, che vorrebbe sapere se la sentenza Mediaset sia stata fatta per favorire la sinistra, finge di cucirsi la bocca. Il gesto è eloquente e conferma come la richiesta di continenza verbale negli attacchi alle toghe, avanzata dal procuratore generale di Milano Lamanna, non lo lasci indifferente. Ma, sotto la cenere, la lava ribolle. E così la réentrée alterna momenti piani a scosse telluriche, col plotone di giornalisti stipati nella sala strapiena in attesa di un Big one, che non arriverà. Il leader forzista, al rientro davanti alle telecamere dopo la pronuncia del tribunale di Milano sui servizi sociali, concede subito qualche affondo («C’è una corrente della giustizia che ha finalità politiche»; una condanna «per una decisione ingiusta della magistratura sulla base di un fatto inesistente mi impedisce di candidarmi per la prima volta in vent’anni» a «tutto vantaggio della sinistra»), poi torna alla linea della prudenza: «Sono un uomo delle istituzioni. In attesa che sia riconosciuta la mia innocenza, darò corso alle decisioni della magistratura. Sono certo che i miei legali arriveranno a ottenere un annullamento totale della sentenza a Strasburgo. C’è un’istanza di revisione con prove documentali e testimoniali incontrovertibili». Le minime limitazioni di movimento e le 4 ore a settimana nel centro per anziani di Cesano Boscone non gli peseranno: «Anzi, mi fa piacere. Ho sempre aiutato le persone che hanno bisogno e lo farò più che volentieri. Negli anni scorsi, di sabato e domenica, andavo a trovare i miei dipendenti ammalati in ospedale...».Chiusa la parentesi personale, il leader di Fi torna al motivo per cui ha convocato la stampa. E sotto le volte affrescate della sede di San Lorenzo in Lucina, seduto fra Giovanni Toti, Elisabetta Gardini e il vicepresidente uscente della Commissione europea Antonio Tajani, entra nel vivo: «Abbiamo 30 signore che sono nelle nostre liste. Ne avremmo volute di più, ma ci sono tanti maschioni prepotenti che si sono imposti». Ricompaiono il «kit del candidato» («È segreto, non mostratelo agli avversari») e le sonore bacchettate a Bruxelles: «I nostri sostenitori sono spaccati a metà. C’è chi pensa che si debba rinunciare all’euro, come dicono M5S, Fdi e Lega, e altri che considerano negativa l’uscita. Io credo che l’Italia debba restare nella moneta unica solo se cambiano certe condizioni». Quali? «Si deve eliminare il Fiscal Compact, sforare il tetto del 3% nel rapporto deficit-Pil, ormai antistorico, e rivedere i poteri della Bce. Come diceva Margaret Thatcher? I want my money back...». Una giornalista del Wall Street Journal chiede: Forza Italia è anti europeista? «No, ma Bruxelles deve convincerci che questa Ue è utile e non una palla al piede per il nostro Paese». Altra domanda: il calo nei sondaggi la preoccupa? «È un miracolo che siamo al 20%», risponde Berlusconi, attribuendo il calo di consensi alla sua mancata presenza in tv, a differenza di Renzi, «ma lui ha preso finora solo 101mila voti a Firenze, io 220 milioni in vent’anni». L’accordo sulle riforme terrà, ma a patto di ascoltare le richieste forziste: «Non condividiamo il ddl del governo sul Senato, così come molti nel Pd, ma Renzi è disponibile a sedersi a un tavolo», conclude Berlusconi, rivelando di aver parlato col segretario del Pd anche dell’elezione «del presidente della Repubblica da parte dei cittadini». E quale faccia ha fatto Renzi? «Sarà l’età che avanza, ma non me lo ricordo...»,  è l’ultima, frizzante risposta dell’ormai ex Cavaliere.